andy murray

Arrivederci, Sir Andy

di Mario Piemonte – A seguito di una conferenza stampa inattesa, il campione britannico annuncia il suo ritiro per i persistenti problemi all’anca

Un risveglio devastante, una conferenza stampa che colpisce duro direttamente al cuore di ogni appassionato di tennis e sport. Questa potrebbe essere la sintesi di una straziante conferenza stampa tenuta nella notte italiana da Andy Murray agli Australian Open dove, visibilmente provato emotivamente, ha spiegato i motivi di questa sua durissima decisione.

L’ex numero 1 del mondo ha chiarito come l’intervento all’anca a cui si era sottoposto non era risultato sufficiente a risolvergli un problema che si era a noi palesato nella semifinale del Roland Garros 2017, ma che affliggeva il ragazzo da parecchi mesi prima, anche durante il suo fantastico 2016 culminato con il numero 1 del mondo conquistato al fotofinish.

Dolori all’anca che si erano quindi acuiti fino a rendere necessario l’intervento che purtroppo però, come spiega chiaramente in questa conferenza stampa il britannico, non solo gli era costato mobilità ma soprattutto non aveva debellato il dolore, anzi era tanto forte da rendergli difficoltosi anche movimenti all’apparenza banali come mettersi un paio di calzini. Risulta quindi evidente come il ragazzo, ancora trentunenne, non riuscisse più ad allenarsi e competere come ci aveva abituati, ma che soprattutto il dolore fosse così forte da rendergli infernale farlo.

Durante la commovente conferenza stampa ha spiegato che il suo intento sarebbe ritirarsi negli amati prati londinesi di Wimbledon che lo hanno consegnato alla leggenda di questo sport e del Regno Unito. Quindi proprio a causa di questa forte sofferenza non ha saputo dire con certezza se riuscirà ad esserci, speranza sua e di tutti noi appassionati, spiegando che il dolore costante lo costringerà ad una seconda operazione più invasiva che quantomeno gli consenta di poter vivere una vita senza dolore nei gesti quotidiani. Il britannico ha quindi detto di aver discusso a lungo con il famoso doppista Bob Bryan anch’egli sottopostosi a tale intervento e tornato a giocare, asserendo però che le differenze tra singolare e doppio come sforzo fisico richiesto sono enormi e che quindi non pensa che riuscirà a tornare sui campi da professionista.

Un fulmine a ciel sereno quello che si abbatte quindi sul mondo del tennis che era speranzoso di poter nuovamente abbracciare il vero Murray e che invece potrà solo sperare di poterlo quantomeno salutare nel tempio ove un campione del genere merita di dire addio, il leggendario Center Court di Wimbledon.

Immediati sono piovuti i messaggi da parte dei suoi colleghi, perché Andy Murray non è stato solo un giocatore straordinario ma anche un ragazzo speciale capace di unire uomini e donne e tennisti di ogni tipo mettendoci sempre la faccia e la sua notevole classe accompagnata da un purissimo british umor che lo ha reso uno dei giocatori più amati, specialmente fra i colleghi.

Sarà triste doverlo salutare così, strappato con violenza al suo mondo, nel quale speriamo di poterlo ancora vedere seppur in vesti diverse, dato che il britannico ha tanto da dare a questo sport anche se non più su di un campo da gioco, perché il tennis inizia lì ma non è lì che finisce!

Sarebbe riduttivo elencare il suo ricco palmeres in cui spiccano il numero 1 del mondo, la vittoria agli US open e soprattutto i due titoli di Wimbledon e le due medaglie d’oro olimpiche consecutive, di cui una vinta proprio in casa nel 2012, anche perché Andy Murray ha dovuto dividere il palco con 3 assoluti mostri sacri come Federer, Nadal e Djokovic, giocatori capaci di dominare questo sport da oltre 15 anni.

Forse però è stato proprio come il britannico sia riuscito a lottare nonostante non fosse alla stregua di tre simili mostri che lo ha reso così umano e così uno di noi comuni mortali, un giocatore che si è costruito anno dopo anno, che non ha mai mollato nonostante le tante brucianti sconfitte in finali slam contro “quei 3”, che non si è arreso quanto veniva denigrato e chiamato “pollo” per il suo sembrare tremolante nei momenti decisivi delle sfide di cartello che lo hanno portato a perdere ben 8 finali slam.

Parliamo di un ragazzo che nel 2012 dopo aver perso la finale di Wimbledon contro Federer, durante la premiazione si lasciò scappare ad una frase tanto toccante quanto bella: “Posso piangere come Federer ma non giocare come lui”.

Pochi mesi dopo invece avrebbe battuto proprio il fenomeno svizzero e conquistato il suo primo oro olimpico, in casa, a Londra e precisamente a Wimbledon, e di lì a poco anche il primo e agognato slam agli UsOpen contro Djokovic, riscrivendo così la sua storia di “perdente di lusso” arrivando a meritare il titolo di “Sir” conferitogli dalla Regina dopo la sua vittoria a Wimbledon, che mancava da ben 77 anni da parte di un britannico, e in Coppa Davis.

Andy Murray è questo, un uomo prima di tutto, capace di stagliarsi tra i titani e di continuare a lottare strenuamente dopo ogni caduta, ed è per questo che fa così male vederlo ora nel doversi arrendere al dolore ed al suo fisico che forse gli sta chiedendo il conto per gli abnormi sforzi a cui si è dovuto sottoporre per permettere a questo ragazzo speciale di continuare a combattere contro i giganti, di ergersi sul trono spodestando finanche gli Dei.

 

Tutto ciò quindi che ci resta da fare è augurare a Sir Andrew Barron Murray di riuscire a resistere ancora un po’ e salutarci come uno come lui merita, accompagnato dagli applausi di tutti coloro i quali amano questo sport, perché non vi è dubbio, questo ragazzo merita solo questo: Applausi e complimenti!