Doppio Cognome

Doppio cognome per i figli: “ La Consulta infligge una picconata a più di 2000 anni di patriarcato “

di Biagio Fusco – Il Legislatore ha davanti a sé un’opportunità irripetibile di riscrivere finalmente la storia dei diritti personali, approvando una normativa nuova, che regoli diversamente l’attribuzione d’ora in vanti del cognome alla prole, evitando l’applicazione di quell’automatismo di legge che in modo anacronistico riconosce ai figli soltanto quello paterno. Che si trasformi in un appuntamento che sancisca il riscatto del diritto italiano, soprattutto nei confronti delle donne che si trovano inevitabilmente a subire le arretratezze e gli stereotipi della politica. Ci ha pensato il “ Giudice delle Leggi ”, la magistratura costituzionale, anticipando in un comunicato stampa del 27 aprile 2022 il contenuto di una sentenza che annuncerà la fine di un patriarcato ultra – bimillenario, dichiarando la illegittimità di tutte le norme dell’ordinamento che impongono il cognome del padre al figlio oppure, in caso di comune accordo tra i coniugi, l’assegnazione di quello materno, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 177, comma 1, Cost., quest’ultimo posto in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Tutto ciò riguarderà, senza alcuna esclusione, i figli nati dentro o fuori del matrimonio, così come quelli adottivi, in ossequio ad un principio costituzionale cardine, quello di eguaglianza formale e sostanziale, che, viceversa, verrebbe violato con ricadute seriamente discriminatorie e lesive della identità personale dei soggetti. Così, la nuova regola sarà che i figli assumeranno il cognome che i genitori, di intesa comune, avranno scelto per loro, ovvero quello di entrambi e nell’ordine stabilito dai medesimi, oppure conformemente dal Giudice in caso di disaccordo. Dopo lunghi anni di attesa, la Repubblica Italiana riconoscerà alle donne un diritto sino ad oggi negato dalle previsioni dell’art. 262 del codice civile, non più al passo coi tempi e frutto di una elaborazione scientifica che probabilmente non aveva ancora maturato un evoluto convincimento sulla parità di genere anche sotto questo profilo che attiene alla identità di una persona e come tale protetto dalla nostra Carta Costituzionale, sulla base di una lettura ispirata ad un differente orientamento. Era nell’aria, comunque. Tutto parte dal caso che arriva sul tavolo della Corte il 14 gennaio 2021; una coppia lucana che si è vista rigettare dal Tribunale Civile di Lagonegro la richiesta di consentire l’attribuzione del solo cognome materno ad un terzo figlio, allo stesso modo dei due fratelli più grandi nati però fuori dal vincolo matrimoniale. La decisione viene impugnata e la Corte d’Appello di Potenza il 12.11.2021 trasmette gli atti alla Consulta sollevando eccezione di incostituzionalità. All’attenzione del subentrato neo Presidente Amato, pertanto, si profilano due questioni, dato che nel frattempo alla Corte Costituzionale giunge anche il caso del piccolo di Bolzano, nato anch’egli fuori del matrimonio, cui i genitori volevano dare il cognome materno poichè di lingua tedesca e dunque “ di suono più orecchiabile “. Ed eccoci qui, a narrare la fine tanto attesa del patriarcato italiano, racchiusa in una declaratoria di illegittimità piena, che rende il nostro diritto finalmente “ civile ” e non discriminante nei confronti delle donne. Ora tocca al Parlamento, spetta alla Politica non deludere le aspettative di civiltà di un intero popolo. Lo scrive espressamente la Corte quando dice “ sarà compito del legislatore regolare tutti gli aspetti connessi alla decisione assunta ” e poi spiega che “ nel solco del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale ”. Finisce la gerarchia imposta dalla legge e con essa la primazia del padre, in virtù di un principio tanto semplice quanto dannatamente impegnativo, cioè che uomini e donne sono sullo stesso identico piano ed hanno eguale parità giuridica. Qualcosa è cambiato, qualcosa di molto importante, lo si intuisce già se si guarda alla composizione della Corte stessa, che oggi può fregiarsi di una compagine femminile nella sua composizione, probabilmente mai conosciuta prima nella sua storia. Stavolta, però, il Parlamento non ha ricevuto la indicazione di un termine prefissato, come i dodici mesi assegnati dalla Consulta per riformare le regole legislative sui temi delicatissimi del suicidio assistito, dell’ergastolo ostativo e del carcere per i giornalisti; un termine che scadrà il prossimo 10 maggio senza esiti apprezzabili perché sicuramente l’Italia non beneficerà delle tanto agognate innovazioni normative. Sulla questione del cognome ai figli si è deciso di seguire la linea tracciata dalle Corti Europee, in primis quella di Strasburgo, ma anche un pensiero proprio, dal momento che – è giusto ricordarlo – già nel lontano 2006 la Corte Costituzionale di allora sosteneva che “ il solo cognome paterno è il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza uomo donna ”, con ciò testimoniando un mutamento di concezione cui farà eco dieci anni più tardi una pronuncia del 2016, nella quale si stabilisce che per un figlio è possibile ottenere il doppio cognome, sia quello paterno che quello materno.