Fratelli d’Italia presenta Disegno di Legge contro la maternità surrogata

di Monica Vacca – Fratelli d’Italia presenta al Senato un DDL per estendere le sanzioni previste per la maternità surrogata a chi ricorre al turismo procreativo

Cos’è la maternità surrogata?

La maternità surrogata è una forma particolare di procreazione assistita con la quale una donna si rende disponibile nell’avere una gravidanza per conto di altre persone che, per variegati motivi, sono impossibilitate ad avere figli. Nello specifico, la madre surrogata si presta ad accogliere un embrione generato da un’altra coppia o da una singola persona. Alla fine del periodo di gestazione saranno comunque i richiedenti ad essere i legittimi genitori del nascituro.

Tale percorso, solitamente, prevede la stipulazione preventiva di un contratto con il quale si disciplina l’intero procedimento, incluse le regole da seguire e l’eventuale contributo economico per la madre surrogata. Quest’ultima, infatti, se la legge del paese dove risiede lo consente, può richiedere una retribuzione.

La legge in Italia

La maternità surrogata non è considerata ovunque legale. Difatti può essere attuata solo in alcuni paesi come, ad esempio, la Russia, l’Ucraina e alcuni stati membri dell’Unione Europea. Una parte di questi, addirittura, ha vietato l’erogazione di qualsivoglia retribuzione e disciplinato una surrogazione di maternità “altruistica”. In Italia, invece, è proibita in ogni sua forma.

Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro” è questo quanto afferma l’art.12, comma 6, della Legge n°40, 19 febbraio 2004.  La Corte Costituzionale, a tal proposito, si espressa invece con la sentenza n°272/2017, par. 4.2, definendo la maternità surrogata come una pratica “che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane“.

Per l’ Italia si tratta dunque di una pratica illecita, penalmente sanzionata. Ciò induce molti cittadini a recarsi all’estero per realizzare e soddisfare concretamente il desiderio di divenire madre e/o padre. È nato, nel tempo, un vero e proprio “turismo procreativo” che pone sempre più problemi al nostro ordinamento, burocratici e non solo. È sulla base di quanto appena affermato che due esponenti di Fratelli d’Italia, Isabella Rauti (sottosegretario alla Difesa) e Lucio Malan (capogruppo a Palazzo Madama), hanno proposto un DDL per estendere le sanzioni anche a coloro che usufruiscono di tale pratica all’estero.

La proposta

Le pratiche della surrogazione di maternità costituiscono un esempio esecrabile di commercializzazione del corpo femminile e degli stessi bambini che nascono attraverso tali pratiche, che sono trattati alla stregua di merci. Ciononostante, il ricorso a queste pratiche è in vertiginoso aumento”, è quanto si legge nell’introduzione del Disegno di Legge.

Negli ultimi anni i giudici italiani hanno dovuto confrontarsi con il fenomeno del ricorso alla maternità surrogata all’estero. Appare evidente come non sia più possibile lasciare i tribunali soli davanti alle problematiche che sempre più spesso si stanno determinando a causa del ricorso da parte di cittadini italiani a tali pratiche, e quanto sia opportuno che la normativa nazionale le sanzioni, esattamente come sono sanzionate se commesse in Italia, con ciò ribadendo in modo chiaro la nostra contrarietà allo sfruttamento e alla commercializzazione di fatto di donne e di bambini”. Per i due esponenti di destra vi è dunque un vuoto normativo che solo questo DDL può colmare.

L’opposizione

A schierarsi contro la suddetta proposta vi sono il partito di “+Europa” e l’Associazione Luca Coscioni, entrambi di matrice radicale. A parere dell’avvocato Filomena Gallo, Segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, si tratta di un provvedimento “giuridicamente inattuabile: una legge con questo testo verrebbe subito impugnata perché non tiene presente il principio della doppia incriminazione. Per punire in Italia un reato compiuto in un altro Paese deve essere considerato un fatto illecito anche lì. È alla base del diritto. Prevedere un reato universale senza il rispetto dei requisiti necessari processuali non ha alcun senso giuridico”.

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