I sistemi di calcolo quantistici hanno imparato a correggere i loro errori

I computer quantistici hanno imparato a correggere i loro errori e segnano così un altro passo fondamentale lungo la strada che in poco più di un decennio.

“Una pietra miliare”, definiscono il risultato i ricercatori di Google Quantum AI, che lo hanno pubblicato sulla rivista Nature.”E’ un passo necessario per tutte le tecnologie che si avvicinano ad affrontare la loro fase matura”, osserva Hartmut Neven, a capo del vasto gruppo di ricerca di Google Quantum AI. “E’ un risultato confrontabile alla supremazia quantistica, raggiunta da Google nel 2019”, rileva Tommaso Calarco dell’Università di Colonia e direttore dell’Istituto tedesco per il controllo quantistico a Jülich, che a giorni si trasferirà in Italia, all’Università di Bologna.

Come i computer tradizionali, anche quelli quantistici sono soggetti a errori causati dal rumore, ossia da segnali imprevisti, e per correggerli si utilizzano codici di correzione nei quali più unità fisiche di informazione quantistica (chiamate qubit fisici), che genericamente sono instabili, formano un qubit logico, più stabile. Tuttavia, un codice simile può comprendere una grande quantità di qubit e questo può generare più errori logici. La sfida è, perciò, riuscire a fare in modo che le correzioni eseguite dai codici superino il numero degli errori. E’ quanto hanno fatto i ricercatori di Google Quantum AI ed è “la prima volta che questo accade”, commenta Calarco.

In particolare, il gruppo guidato da Neven ha messo a punto un processore quantistico superconduttore con 72 qubit e lo ha messo alla prova con diversi codici di correzione, il più grande dei quali si basa su 49 qubit fisici, mentre gli altri su 17 qubit. Il codice più grande ha superato l’esame e si è dimostrato il più efficiente.

“Crediamo che un giorno i computer quantistici verranno utilizzati per identificare molecole per nuovi farmaci, per creare fertilizzanti utilizzando meno energia, per progettare tecnologie sostenibili più efficienti, dalle batterie ai reattori a fusione nucleare, e per produrre ricerche sulla fisica che porteranno a progressi che non possiamo ancora immaginare”, osserva Google in una nota.