Morto l’artista Antonio Fomez: aveva iniziato la sua carriera nel 1961

Ci lascia così Antonio Fomez, una carriera artistica iniziata nel 1961 con una prima mostra personale alla Galleria di San Carlo di Napoli e i lavori degli esordi che mostrano grande interesse per alcune opere classiche conservate a Capodimonte come “La Parabola dei Ciechi” di Peter Brughel e “Ritratto di giovane” opera di Rosso Fiorentino di cui scrive interessanti saggi e realizza proprie interpretazioni che rivelano da subito il suo interesse per una pittura completamente innovativa. Si dedica allo studio del futurismo e ai temi dell’informale praticando la pittura nucleare. Seguono mostre e premi in tutt’Italia e all’Estero come il Premio Spoleto, il Premio Michetti, il Premio Termoli, il Premio Marche, la “Biennale di Pontedera”.

Ma la vera carriera, basata su di un linguaggio completamente rinnovato comincia qualche anno dopo nel 1963 a Milano, quando elabora temi e soggetti ispirati alla Pop Art che dopo la Biennale di Venezia del 1966 sfocia in una vasta produzione di opere indicate come “la paccottiglia kitsch” caratterizzata da collage e simboliche bamboline che furono una risposta polemica al successo ottenuto quell’anno dall’artista argentino Julio Le Parc a Venezia con la op-Art o optical art, movimento di arte astratto basato principalmente su illusioni ottiche e l’accostamento di soggetti astratti e colore.

Di lì a poco esploderanno gli anni della contestazione e Fomez si troverà al centro della polemica con opere che attaccano il sistema della mercificazione dell’arte che sfociano in opere che consistono in vasche contenenti pesci e acqua presentate in una collettiva alla Galleria Artecentro di Milano, alla Galleria Toselli già Galleria Nieubourg sempre nel capoluogo lombardo, e subito dopo in una personale alla Galleria Zunini a Parigi e alla Galleria Carabaga di Genova, dove espone un canotto con acqua e pesci.

Gli anni Settanta sono caratterizzati da una profonda vena dissacratoria che lo vedono imporsi come protagonista del genere Pop a livello internazionale perché è evidente la sua forte “critica” al mondo dell’arte in genere e ai meccanismi che lo regolamentano. Infatti con Enrico Baj, Arnaldo Pomodoro, Francesco Cavaliere, Lucio Del Pezzo, Piero Dorazio etc. nel 1985, in occasione della Fiera d’Arte di Bologna, pubblica “La Pagella dei critici” col Giudizio Finale, sulla quale gli artisti assegnano i voti ai critici d’arte. Ormai è completamente ispirato dal sua “arte-polemica” tanto che nel 1988, durante il Carnevale Ambrosiano a Milano, esegue la scenografia in Piazza della Scala, prendendo di mira il monumento a Leonardo sistemando sull’opera una grande cesta con frutta dai colori sgargianti richiamando la ben nota dissacrazione della Gioconda realizzata anni prima (1974) durante un programma televisivo.

Tra il 1996/97 realizza una collezione scultorea intitolata “Serpenti & Parenti”, con ceramiche e bronzi che catturano l’attenzione di Gillo Dorfles. Infatti queste opere poi saranno presentato nel 1998 nel programma televisivo Blu curato dal questo famoso Critico e Storico dell’Arte.
Generalmente siamo abituati a vedere in Andy Warhol “il mostro sacro e indiscusso” della Pop Art ma è in personalità come Antonio Fomez che andrebbe riscritta l’arte italiana nel panorama mondiale.

Mino Iorio – Critico e Storico dell’Arte
(Ringrazio Maurizio Vitiello per avermi segnalato tempestivamente la perdita dell’artista Antonio Fomez)

(PH 1) Antonio Fomez (1937 circa). Natura morta, Inchiostro a penna e a lavis, tempera e acrilico su carta 45,5 x 33 cm

(PH 2) Antonio Fomez  (1964/65). Invito al consumo (del bimbo che mangia la pappa)  tela, acrilico 140 x 150cm