Razzismo scientifico e arte africana: Capodimonte risveglia la memoria coloniale

Articolo di Caldarelli Michelle- Una riflessione potente, urgente e necessaria sulla storia coloniale italiana, sull’eredità razzista del Novecento e sull’influenza, troppo spesso taciuta, che l’arte africana ha avuto nella formazione dell’arte moderna europea. È questo il cuore pulsante di “Nafrica-Maschere”, la mostra ospitata al Museo e Real Bosco di Capodimonte, tra gli eventi centrali delle celebrazioni per Napoli 2500, con la direzione artistica di Laura Valente.L’esposizione, a ingresso gratuito fino al 6 gennaio 2026, è curata da Simon Njami, critico d’arte e scrittore di fama internazionale, nato a Losanna da genitori camerunensi. Njami ha già curato eventi di riferimento come la Biennale di Dakar e quella di Bamako, ed è tra le voci più autorevoli sulla scena artistica africana contemporanea. Il percorso espositivo ripercorre l’impatto dell’arte africana sul modernismo europeo, a partire dalla Biennale di Venezia del 1922, dove vennero mostrati per la prima volta manufatti di quella che veniva definita “arte primitiva”. Ma la mostra va oltre, affrontando le ombre del colonialismo italiano, che proprio a Napoli vide due momenti significativi con le grandi esposizioni coloniali del 1934 e 1940, strumenti di propaganda del regime fascista.

 

In questo contesto si inserisce l’inquietante lavoro dell’antropologo Lidio Cipriani, che tra il 1923 e il 1927 viaggiò nel Corno d’Africa per realizzare calchi facciali su nativi africani, oggi provenienti dal Museo di Antropologia dell’Università Federico II. Quei calchi, nati con finalità pseudoscientifiche e razziste, sono esposti come documenti della violenza ideologica che alimentò la propaganda coloniale e contribuì alla formulazione delle leggi razziali del 1938. Accanto a questo archivio visivo di sopraffazione e riduzione dell’umano, “Nafrica-Maschere” propone una risposta viva e potente: 25 artisti contemporanei, africani ed europei, sono stati invitati a dialogare con quel passato attraverso opere nuove o già esistenti. Per la direttrice artistica Laura Valente, la mostra rappresenta un’occasione per rimettere al centro il rimosso del colonialismo italiano, troppo spesso assente nei programmi scolastici e nel dibattito pubblico: “Napoli, città dalla memoria stratificata e dalle identità mobili, si propone come ponte tra i nostri Sud e quelli del mondo. Un luogo in cui l’arte diventa spazio di confronto, di coscienza e trasformazione condivisa”. Anche il direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, Eike Schmidt, sostiene la portata simbolica e politica dell’evento: “Accogliamo con convinzione un progetto che unisce ricerca, memoria e contemporaneità, e che affronta senza retorica il nostro passato di razzismo e colonialismo”.