Napoli esce con le ossa rotte da un’amalgama mal riposta

George Orwell ci raccontava che le masse non si ribellano mai in maniera spontanea, e che in realtà fino a quando non si consente loro di poter fare confronti, non acquisiscono neanche coscienza  nell’essere oppresse. L’oppressione viaggia di pari passo con la pacata tranquillità, la segue di pari passo. La scruta, la tiene a vista, scrutandone ogni singola movenza. Essa, però, è dotata di notevole furbizia. E’ scaltra, perspicace. E’ un segugio che si tiene alla giusta distanza per non essere avvistata. Se colti dal dubbio o dall’incertezza lei ti fiuta. Ti affianca, ti pedina, ti assale, ti percuote. Una sanguisuga al proprio self control. E’ proprio in quel preciso istante che il consueto e invidiabile sangue freddo (Ancelotti docet) tende a ribollire, circolando in maniera veemente,  irrorando più di quanto realmente necessiti.

L’oppressione procura incertezza, instabilità, colei che regna e soprassiede al tempo stesso. L’equilibrio, ecco, quello che manca all’ambiente Napoli e che ogni giorno ne deteriora i progetti. Quest’ultima, martedì sera, più che riscontrarla nell’ormai termine di tendenza dell’ammutinamento di fine gara l’abbiamo potuta notare sul campo. Nelle movenze, nel linguaggio del corpo dei calciatori. Una smania incombente di voler portare di riuscire a fare tutto e subito ma che si lacerava con le molteplici disattenzioni che attanagliano questa squadra da inizio stagione. Lo abbiamo riscontrato nell’isteria di Koulibaly che fa da complice alle sue numerose disattenzioni stagionali. Lo abbiamo rivissuto nelle inquietudini di Zielinski e di Insigne, i quali hanno sprecato occasioni ghiotte, le quali  con calciatori di qualità inferiore alla loro avrebbero sfruttato in maniera migliore. Restano i pali, anche questo bisogna includere. Certo. Ma questa squadra continua a dare l’impressione dell’improvvisazione e del poco equilibrio.

Quella di martedì sera è stata una partita che ha evidenziato due facce della stessa medaglia, figli della stessa madre. Analogie e dissociazioni che fiorivano ogni minuto che passava. L’impegno, la volontà di voler strafare e lottare su ogni singolo pallone, davano la netta impressione di volersi ribellare alla disorganizzazione – ormai sovrana – vista sul campo, ma senza riuscirvi. L’impazienza, la fretta di voler dimostrare tutto e subito si aggrovigliava in un impasto che cuoceva a fuoco lento, lo stesso visto che ha visto sfornare l’insurrezione dei calciatori a fine gara.  Ci si danna ma non ci si meraviglia. Una squadra frazionata, che vive di singole tappe da troppe settimane. Lo stesso De Laurentiis non è riuscito a scuotere l’ambiente, anzi, il ritiro indetto dallo stesso ha portato all’implosione dell’intero gruppo.

Un vortice che girava imperterrito, che ha procurato rumori silenti ai molti, ma non a tutti. Veleggiava, pedinato a pari passi dall’insurrezione (o dall’incomprensione) della massa, ma nessuna delle due aveva ancora avvicinato l’altra. Eppure lo avevamo avvistato, partendo da un calciomercato non condiviso tra Presidente e tecnico alle reprimenda di quest’ultimo avute con alcuni calciatori della rosa. Insomma, segnali di tensione che continuavano ad alimentare dubbi e sospetti sulla gestione globale dell’asset Napoli. Il vaso si è scoperto tra dichiarazioni a mezzo stampo e inimicate approvazioni. Quelle che Ancelotti non ha mandato a dire durante il pre gara, una volta a conoscenza del ritiro stabilito dal Patron De Laurentiis, e quanto accaduto a fine gara. Un ritiro che tecnico e squadra disapprovavano ma che hanno accettato, quel che n’è poi scaturito è stato un bagno di sangue che questa città non meritava.

Usciamo sconfitti, in tutte le sue forme e dimensioni. Non ci sono vincitori, ma solo vinti. Abbiamo perso tutti, squadra, società, ma soprattutto i tifosi. Un fede, insita e incondizionata, tradita e non rispettata. Un clima surreale che si è catapultato sull’orgoglio, ma soprattutto sull’amore che questo popolo ha sempre riversato verso i propri beniamini. Un’amara vicenda che ha finito col segnare un precedente nella storia i questo sport. Un primato che Napoli avrebbe fatto volentieri a meno.

Nella vita capita spesso di cadere, anche questo c’è da includere. Muri che talvolta sembrano insormontabili e con i quali è l’impulsività a prevalere sulla ragione. Adesso l’importante è rialzarsi, e proseguire con testa ed eleganza.