La Scissione Pentastellata

Di Biagio Fusco –

In perfetta concomitanza con l’avvio del discorso del Premier davanti ai senatori, le varie agenzie di stampa italiane si affrettavano a battere la notizia tanto attesa e già più volte rimbalzata nei giorni precedenti. Alla fine scissione è stata ! Con ogni probabilità, sotto il vessillo “ Insieme per il futuro ” Luigi Di Maio aggregherà, dopo aver fatto i bagagli e tolto il disturbo, i cinquanta proseliti convinti tra i parlamentari del Movimento, ma la sensazione è che fosse tutto preparato da tempo. Non hanno certo tardato a farsi avanti le critiche all’interno dei 5Stelle, a cominciare da Alessandro Di Battista che non le ha risparmiate al suo ex collega scrivendo sui social “ Un Movimento nato per non governare con nessuno ha il diritto di evolversi e governare con qualcuno per portare a casa risultati. Non ha alcun diritto di governare con tutti per portare a casa comode poltrone. Si chiama ignobile tradimento ”. Gli fa eco il fondatore Beppe Grillo, il quale chiosa così la scelta del Ministro degli Esteri in questo modo “ Chi non crede più nelle regole parli ”, resta invece in un eloquente silenzio l’ex Premier Giuseppe Conte.

Di Maio è salito al Colle, dopo aver atteso il voto in Senato, per informare il Capo dello Stato del mutamento intervenuto nello scenario politico interno ad una forza di governo che attualmente è nell’esecutivo (e da quanto si apprende anche attraverso i comunicati di smentita diramati ufficialmente alle reti internazionali c’è tutta la intenzione di rimanerci). A quanto pare esistono anche i numeri minimi (20 membri alla Camera e 10 al Senato) per consentirgli di formare ed insediare un nuovo gruppo politico a livello parlamentare, oltre che di prolungare la sua permanenza nell’ambito della compagine esecutiva. Non c’è che dire, lo strappo è ragguardevole, se si pensa che prima di questa improvvisa ma non inaspettata fuoriuscita il Movimento poteva contare su risorse importanti come 155 deputati e 72 senatori, oggi notevolmente ridotte e destinate – questo solo il prossimo futuro ce lo dirà – ad assottigliarsi ancora, visto che Luigi Di Maio è assolutamente sicuro che riuscirà a scucire ancora qualche componente indeciso ed alquanto timoroso di varcare il Rubicone. Quelli più addentrati alla vicenda di partito che tiene la stampa costantemente impegnata a seguirne gli sviluppi in questi giorni ha reso noto che la scissione ha iniziato a consumarsi con lo scontro sullo schema di risoluzione che chiedeva al Governo di fermare l’invio di armi in Ucraina, degenerato immediatamente fino al punto da spingere l’attuale Ministro degli Esteri italiano a rivolgere accuse pesanti all’indirizzo dei suoi colleghi nel Movimento, a suo dire rei di aver contribuito con la loro spinta politica a far assumere al Paese una posizione a livello internazionale di disallineamento rispetto alla NATO ed alla UE. Da qui sono scaturite le critiche incessanti e la scelta di stigmatizzare tale visione sino ad isolare il punto di vista “ dimaiano “. Ciò che ne è seguito è storia degli ultimi giorni, ma le prime parole del ministro sono state caute dal momento che ha dichiarato ai microfoni che non intende costruire un “ partito personale “, anche perché se oggi il suo ruolo è scisso rispetto alle sorti del Movimento, non lo sono altrettanto i suoi personali consensi. Più di uno afferma con determinazione che per ora le idee che servirebbero a tracciare una prospettiva sono molto confuse, ma l’approccio sembra diverso dal passato che ha caratterizzato i 5Stelle nella loro pur breve storia politica perché sembra che si voglia partire dai territori, dalle esperienze degli amministratori locali e delle liste civiche. I valori fondanti del M5s restano e ce li portiamo con noi. Ma presto il vero problema sarà riuscire a piazzarsi nel centro affollatissimo di leader in cerca di consensi. E riuscire a trovare un po’ di spazio. “. Ma, il casus belli non è scoppiato solo per via del diverso posizionamento interno al partito da parte dei vari leader, è ovvio pensare che altre siano state le discussioni nel merito delle quali la tensione si è progressivamente innalzata, su tutte quella del secondo mandato, uno dei principi originali sui quali è stata incardinata l’esperienza politica dei grillini.

A breve saranno tutti chiamati ad esprimere la loro preferenza sulla conservazione o meno di questa regola, ovvero sulla sua derogabilità in certi casi ben precisi. Si potrebbe, e ben a ragione, arguire che anche all’interno di questa formazione politica così sui generis si sia rimasti vittime dell’odio politico, delle faide, delle minacce, di quelle strategie che tradiscono sin dalle premesse un progetto perché orientate alla insinuazione di una corrente che garantisca continuità e rendite di posizione. Il che è davvero molto comune in politica, non è un caso isolato. Questa volta, però, i pessimi rapporti tra Conte e Di Maio, le differenze di vedute continue avute nei rapporti non sereni con Mario Draghi e l’intransigente veto di Grillo sulla deroga al doppio mandato hanno dimostrato che dalle parole si è passati ai fatti.