L’EDITORIALE DI NANDO TROISE
NO, i partiti che si presentano alle prossime elezioni sia per il rinnovo del Parlamento Europeo che per la elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale non sono tutti uguali. Sono uguali se uno spulcia con minuzia (o malizia) i programmi elettorali, e trova che anche quelli che sforano di meno rispetto ai vincoli di bilancio che ci dobbiamo autoimporre e già qui le differenze sono evidenti – contengono promesse che realisticamente non possono essere onorate. Questo avviene perché tutti i partiti e/o liste civiche hanno degli elet- tori un’immagine piuttosto deprimen- te (o forse soltanto realistica?): che la grande maggioranza di loro non abbia alcuna idea della complessità di governare in Europa o nella piccola Città di Casoria (solo 12 kmq compresa la mega Frazione Arpino), stretto, all’esterno da vincoli economici e politici internazio- nali e europei (PNRR, PICS ecc), e stret- to all’interno dalle dimensioni limitate della “coperta” finanziaria. Una coperta che non basta a coprire tutte le esigenze che i diversi territori e gruppi sociali avvertono come prioritarie.
Ma soprattutto ciò avviene perché tutti i partiti e/o liste civiche sono convinti che gli elettori non abbiano un’idea, e non vogliano o non possono farsela, della gravità della situazione economica, so- ciale e politica in cui l’ITALIA si trova. Del declino che l’ha colpito da almeno venti anni (in realtà molti di più) e del- le difficoltà che devono essere superate per riavviare un processo di crescita sostenuto, il solo che può garantire, in tempi lunghi, la soddisfazione delle esi- genze che i cittadini avvertono. Non è una spiegazione del declino il libro di Antonio Galdo (Ultimi: così le statisti- che condannano l’Italia, Einaudi) ma un allarme documentato e un avvertimento.
Sia chiaro, anche io sono convinto che l’Italia abbia segmenti della sua econo- mia e delle sue istituzioni che funzionano bene e che, potenzialmente, abbia le risorse per rimettere in sesto quelli che non funzionano. Il passaggio dalle po- tenzialità all’effettività che fa problema. La chiarezza delle idee, indispensabile a disegnare e attuare le riforme necessarie, che in molti partiti manca. E’ l’impopo- larità di alcune di queste e la (presunta) popolarità di altre – come si fa a promet- tere una completa marcia indietro sulle riforme attuate in tema di legislazione del lavoro? – a generare confusione tra gli elettori. Ed è soprattutto l’assenza di una visione nazionale condivisa, allo stesso tempo realistica ed entusiasmante – un ossimoro tra due aggettivi? – che ostacola uno scatto di orgoglio dei cittadini: “Anche l’Italia ce la può fare”.
E’ vero, i partiti offrono uno spettacolo desolante, attenti soltanto al loro succes- so elettorale e non al successo del Paese in un contesto interno ed internazionale difficile. E per molti di loro la pretesa che i due obiettivi coincidano fa sempli- cemente sorridere, se non facesse pian- gere. Ma non sono tutti uguali, e consi- glierei agli elettori di prestare attenzione soprattutto a due cose, oltre a quella, sempre importante, del loro orientamen- to valoriale a destra o a sinistra: come essi hanno governato, e, soprattutto, il loro atteggiamento verso l’Unione Europea.
L’Europa è il vero discrimine, un’Euro- pa senza sè e senza ma: al di là del gran- de disegno cui abbiamo tenuto fede per l’intero dopoguerra, oggi è anche l’uni- co modo per moderare le conseguenze negative di una globalizzazione senza freni. Queste elezioni sono come quelle del 1948, elezioni che decidono da qua- le parte del mondo si sta. Allora la scel- ta era chiara, o con il Fronte Popolare o con la Democrazia Cristiana, o con il comunismo o con le democrazie libera- li; chiuse le urne, a giugno sapremo da che parte starà l’Italia, se con l’Europa o contro.
E aggiungo un’osservazione per chi è giustamente preoccupato dalle promes- se irrealistiche dei programmi elettorali: una chiara decisione a favore dell’Euro- pa garantisce anche che quelle promesse dovranno passare al vaglio delle istitu- zioni europee e saranno riformulate o abbandonate.
Restano i due grandi schieramenti del passato, centrodestra e centrosinistra, ai quali auspico si possa ritornare finita la sbornia populistica.
Nell’attuale centrodestra c’è il gros- so problema dell’antieuropeismo della Lega Nord per l’Autonomia della Pada- nia e del suo leader Matteo Salvini e alle persone ragionevoli che sono sensibili ai valori della Destra Sociale e Plurale non resta che augurarsi una netta vit- toria interna di Giorgia MELONI. Sul confronto di come il centrodestra ed il centrosinistra abbiano governato l’Italia dal 1994 al 2024 personalmente non ho dubbi e cerco di tenere distinti i giudizi di valore da giudizi di fatto.
Credo però sia indubitabile, per limitarci agli ultimi governi, che quello di Draghi sia stato un governo riformatore e che la sua azione sia stata proseguita dal go- verno Meloni, che ha potuto avvalersi di Ministri delle capacità di PIANTEDOSI agli Interni e URSO allo Sviluppo Economico.
Chi scrive ha un orientamento politico di destra moderata e coloro che stanno leggendo hanno tutto il diritto di sospet- tare che il tentativo di tenere sotto con- trollo le proprie preferenze ideologiche non sia riuscito sino in fondo. Anche per loro ribadisco però il mio consiglio, che è neutro: nella scelta dei partiti tengano soprattutto conto delle effettive prove di governo del passato e dell’atteggiamen- to verso l’Europa.
POI, sempre nel mese di giugno, nella stessa giornata ed attraversando insieme la campagna elettorale, lunga e diffici- le, si vota A CASORIA, per il rinnovo del Consiglio Comunale e la scelta del Sindaco. A tutto oggi, 10 marzo, esiste una fibrillazione di incontri, trattative, discussioni, pregiudiziali sia nel centro destra che nel centrosinistra. Niente è ufficiale. Sia i partiti che le liste civiche sono strutturati, quindi quello che non arriva dalle loro segreterie è equivalente a chiacchiere da marciapiede o da bar.