Articolo di Michelangelo Iossa
Un’imbarcazione straordinaria, fatta di mito, di calcio e di Napoli: è la barca di Diego Armando Maradona e la sua storia è affascinante e romantica.
Lo scorso anno passeggiavo tra i vigneti del Massico in compagnia dell’avvocato Salvatore Avallone, capitano d’azienda e figura-chiave di Villa Matilde Avallone, maison vitivinicola dell’Alto Casertano fondata negli anni Sessanta da suo padre Francesco Paolo Avallone e oggi guidata dallo stesso Salvatore e da sua sorella Maria Ida. All’ombra del vulcano spento di Roccamonfina, tra i filari nei quali nasce il nobile falernum, io e Salvatore conversiamo amabilmente mentre raggiungiamo uno slargo che si apre davanti ad un antico casale, simbolo di attività coloniche, vinicole e agricole.
Una passeggiata che, sorprendentemente, culmina con la vista di un’elegante imbarcazione di oltre 14 metri, protetta accuratamente e perfettamente conservata, sostenuta da larghi supporti e collocata tra le vigne dell’azienda: il «Mataibis II», questo il suo nome, è un’imbarcazione del 1988 prodotta dai cantieri Tullio Abbate del Lago di Como. Le nostre conversazioni si spostano sulla barca e la mia personale curiosità mi spinge a raccogliere altre informazioni. Ricordavo distintamente che Diego Armando Maradona aveva visitato i cantieri comaschi di Abbate e aveva scelto un’imbarcazione simile, un raro esemplare di «Exception» (questo il nome del modello dell’imbarcazione del cantiere lombardo).
«Mio padre era stato avvocato di Diego negli anni Novanta – mi rivela Avallone – e aveva seguito personalmente le fasi legali connesse alle procedure di fallimento di Maradona. Spesso accompagnavo mio padre in Tribunale e questa barca era uno dei beni appartenuti al campione argentino che erano al centro di un ampio contenzioso legale. Sapevo che aveva intenzione di rilevare quella imbarcazione per preservarla dall’oblio e, in qualche misura, per tutelare la memoria di Diego».
Osservando attentamente il motoscafo e riavvolgendo il nastro della memoria, mi è tornata prepotentemente alla mente l’immagine dell’imbarcazione più iconica dell’epopea maradoniana a Napoli. Nel corso dei mesi, quindi, ho intrapreso una ulteriore ricerca intorno a quell’imbarcazione. Ho avuto il personale privilegio di poter avere accesso esclusivo ai documenti d’archivio della famiglia Avallone, che ringrazio personalmente: dopo una lunga e approfondita ricerca, sono felice di poter raccontare questa storia sulle pagine del Corriere, in occasione del quarantesimo anniversario della venuta di Diego Maradona al Napoli. Il ricordo e la sensazione provata osservando lo scafo avevano trovato conferma: quel «Mataibis II» è proprio il leggendario «Dalmin» del numero 10 argentino, ritenuto dalla Fifa «il più grande calciatore mai nato».
Corrado Ferlaino, allora presidente del Napoli, donò a Diego un motoscafo, che restò di proprietà di sua moglie Claudia Villafane fino ai primi anni Novanta, periodo in cui l’avvocato Francesco Avallone lo rilevò, liberandola da un sequestro cautelativo imposto dal Tribunale e preservandola per sempre. Il motoscafo fu scelto personalmente da Diego a Como, nella sede dei cantieri di Abbate, e il calciatore diede all’imbarcazione un nome di battesimo inequivocabile: «Dalmin» era, infatti, l’omaggio del Pibe de Oro alla sua primogenita Dalma «Dalmita» Nerea, nata nel 1987, anno in cui il Napoli conquistò il primo scudetto della sua storia. Il «Dalmin» fu l’unico esemplare di barca costruita espressamente per il calciatore, che chiese di poter personalizzare con il colore azzurro gli interni del motoscafo, in omaggio al suo Napoli. A bordo del «Dalmin», «l’aquilone cosmico» visse le sue estati nel Golfo di Napoli, raggiungendo Capri, Procida, Ischia e, proprio a bordo di questa straordinaria imbarcazione, il campione argentino celebrò anche il secondo scudetto del Napoli, conquistato nel 1990.
Di quegli «Exception» di Abbate vennero realizzati pochissimi esemplari, uno dei quali – peraltro – andato distrutto. Nella storica base di Mezzegra, sul Lago di Como, la tradizione artigianale si fondeva alla passione per l’innovazione: Diego ne era rapito. Le barche dei cantieri Tullio Abbate avevano la carena slanciata e inconfondibile, che tagliava superba le onde in un trionfo di adrenalina, quella che Maradona amava e cercava con tutte le sue forze.
Negli anni Novanta, all’indomani dell’addio di Maradona a Napoli e al Napoli, l’avvocato Francesco Avallone rilevò quella imbarcazione leggendaria, ribattezzandola – appunto – «Mataibis» e salvandola dall’oblio, anche nel rispetto della memoria partenopea di Diego. Per alcuni anni, la barca venne utilizzata come mezzo di trasporto a beneficio degli ospiti del Grand Hotel Parker’s di Napoli, il più antico albergo del capoluogo partenopeo, di proprietà della stessa famiglia Avallone. Dagli anni Novanta, la barca è di proprietà di Salvatore, Maria Ida, Sissi e Bice Avallone, i quattro figli dell’avvocato Francesco Paolo. «Negli anni Duemila, la nostra famiglia ha utilizzato questo Exception sporadicamente, salvo poi decidere di proteggere e preservare l’imbarcazione – spiega Salvatore – e sono felice che queste ricerche abbiano portato alla luce un grande tassello della storia personale e ‘partenopea’ di Maradona. Abbiamo deciso di mettere in vendita questa barca perché desideriamo che possa essere utilizzata e valorizzata da un appassionato della vita e delle gesta del grande Diego».