Sono Mr. Ancelotti, risolvo problemi

Mancano ormai pochi giorni per l’inizio della nuova stagione e la temuta diaspora sembra scongiurata. Albiol, Koulibaly, Hysaj, Hamsik, Callejon, Mertens in lista di sbarco? L’ipotesi è rispedita al mittente. E’ bastata una telefonata del risolutore Carlo Ancelotti, l’incaricato per eccellenza nel risolvere problemi.

ALTRO GIRO, ALTRA RUOTA

Sette giorni per mettere alle spalle quel che è stato dello scorso campionato e ricominciare una nuova avventura. La valigia è già pronta e piena di entusiasmo, un bagaglio carico di esperienza vissuta sul campo e da cocenti delusioni andate oltre le nostre possibilità. La ciurma è pronta e sarà al completo solo a fine mese, dopo il meritato riposo dei nazionali impegnati al mondiale russo. C’è un nuovo timoniere al comando, la sintesi perfetta dell’equilibrio e delle giuste proporzioni: Carlo Ancelotti. Parafrasandolo ai giorni nostri, la perfetta analogia del Signor Wolf di Pulp Fiction, celeberrima pellicola di Quentin Tarantino. Quale migliore scelta per il dopo Sarri, rianima la piazza con uno spirito di adattamento incline al suo nuovo palcoscenico: foto di rito, con tanto di verve holliwodiana, insieme al Patron Aurelio e discorso di presentazione in quattro lingue diverse. Bastano due semplici approcci per rivitalizzare la platea Partenopea del compianto Sarri, colui che avrà sempre un posto in fondo al cuore dei napoletani.

IL RIVALE PERFETTO

L’amarcord è di quelli vigorosi, un profondo e viscerale rancore verso la società bianconera che non l’ha mai amato. Eppure Ancelotti da tecnico della Juventus aveva provato a vincere. Era la fine degli anni ’90 e, mentre il calcio già iniziava a cambiare, lui si accingeva a subentrare al dimissionario Marcello Lippi. Mentre quest’ultimo era ancora scolpito nel cuore dei supporters juventini, al tecnico emiliano venivano affidati un giovanissimo ed inesperto Thierry Henry e l’incostanza calcistica di Juan Esnaider. Senza trascurare le gravose perdite per infortunio di Alessandro Del Piero e Filippo Inzaghi. Non esattamente gli ultimi arrivati (ndr). Ricomporre il puzzle non era la più semplice delle imprese. Lesa maestà per un titolo perso nel fango piovoso di Perugia e il mancato riscatto l’anno successivo.

Troppo triste (Torino), lontana un paio di galassie dal mio modo di essere. La Juventus era una squadra che non avevo mai amato, e che probabilmente non amerò mai, anche per l’accoglienza che qualche mente superiore mi riserva tutte le volte che torno. Per me è sempre stata una rivale. Non mi sono mai sentito a casa, mi sembrava di essere l’ingranaggio di una grande azienda. Per il sentimento, prego, rivolgersi altrove”.

Un’esperienza difficile che avrebbe potuto gettare nello sconforto chiunque. Ma non Carlo Ancelotti. In grado non solo di prendersi la sua personale rivincita con la vittoria della Champions ai danni della nemica Juventus, ma del divenir Mito conquistando l’Europa intera. Una sfida di quelle epiche, bellissime, la scelta giusta per entrambi, verrebbe da dire. Carlo, a 60 anni, si conosce benissimo e accetta l’ennesima sfida della sua carriera: di una città combattuta dagli eventi dell’ultimo campionato ma che trae linfa dal suo spirito contestatore. Si riparte da un nuovo Gladiatore, si riparte da Carlo Ancelotti.