Un Napoli nella terra di nessuno, tra l’incudine e il martello

Il Napoli perde il match per sopraggiunta incoscienza. Equilibrio e di saggezza calcistica – coloro che avrebbero dovuto rappresentare gli elementi cardine per il prosieguo della stagione – ieri sera sono caduti in frantumo. Un connubio che avrebbe dovuto ridare vigore a questa squadra. Fare di necessità virtù per quelle che sono le reali potenzialità che questa rosa può sfruttare. Sì, perché Liverpool ci aveva fatto sperare nel cambio di rotta: mettere in risalto caratteristiche non più avvezze ai molti, limandone le perseveranti defezioni. Non solo, all’ottimo risultato ottenuto in terra inglese si è aggiunto l’auspicato colloquio tra la squadra e il Presidente. Un incontro chiarificatore e ricco di buoni propositi. La risposta che ci si attendeva era di tutt’altra natura, l’ecatombe dopo la tempesta non era presente tra le varie opzioni. Possibile che l’impegno dei calciatori e il pregresso ammutinamento rappresentino ancora l’ordine del giorno?

DISSENNATO O DISSIDENTI?

Nel calcio si può accettare tutto, ma non negare l’evidenza. Una manovra avulsa e lenta non è sinonimo di una squadra che può puntare al vertice, se a questa aggiungiamo scelte discutibili (per non dire scellerate) i risultati sono quelli visibili e sotto gli occhi di tutti. Allo scempio di ieri sera ha ci si inorridisce. Si inorridisce al solo pensiero che Llorente e Lozano potessero avere una qualità maggiore dei cosiddetti dissidenti seduti in panchina. Si può capire (ritorcendosi lo stomaco) la scelta tecnica del messicano al posto di Callejon, non si può comprendere il non notare quando è il momento di sostituirlo con un calciatore di ruolo come lo spagnolo. Come per Llorente, che per quanto autore di due gol (il secondo annullato dal VAR) ha sbagliato l’inverosimile in 90′ di gioco. Se i presupposti sono questo tipo di scelte tecniche la luce alla fine del tunnel assomiglierà sempre più ad un miraggio.

STESSI DISCORSI, PURTROPPO SEMPRE DA FARE

Nel primo tempo la squadra è apparsa ripetitiva nei meccanismi e priva di idee, e seppur non allocata a dovere aveva una sua impronta. Quella storica, di maggiore equilibrio e compensazione. Seppur con fatica nel trovare ritmi e tempi giusti c’erano tre centrocampisti nella zona mediana del campo, coloro i quali consentivano ad Insigne di poter spaziare e supportare la squadra praticamente da solo. E’ bastato questo per tenere a bada il Bologna e portarsi in vantaggio. Giocando male, a rilento, ma tenendo a bada l’avversario. Il pareggio del Bologna ha portato il tutto allo sbando, si è pensato bene di ritornare sui vecchi (e fasti) passi del disequilibrio e del disordine del 4-4-2. Quel che è risultato poi essere il preludio alla sconfitta subita nel finale di gara.

CAUSE E CONCAUSE

Se fosse davvero plausibile prendere in considerazione lo scarso impegno pensate davvero che ci sarebbe ancora gente allo stadio? Se fosse davvero plausibile un’ipotesi del genere avremmo visto lottare questa squadra contro i campioni d’Europa nonostante le mille incongruenze viste sul campo di gioco? Ma davvero si pensa che al tifoso napoletano stupido e accecato? D’altronde la storiella è stata smentita dallo stesso Patron De Laurentiis: gufi (qui ci sarebbe molto da discutere e, soprattutto, da obiettare) non se ne accettano e i mancati rinnovi non intralciano in alcun modo il notevole ritardo in campionato. Chi meglio di lui può conoscere l’ambito in cui vive? Ma era un ambito da dover capire questa estate. Anzichè scagliarsi contro chi questo Napoli l’ha sempre onorato col sudore della propria maglia? Quando c’era da accertarsi sulle condizioni fisiche di Milik, Ghoulam, quando c’era da appurare se Llorente fosse in grado di sostenere un’intera stagione. Quando c’era da mettere in atto una rivoluzione che l’approdo di Ancelotti prevedeva. Perché la storia di allenatore di Ancelotti la prevedeva. Oggi bisognerebbe fare mea culpa anziché mettere in punizione i calciatori e ostentare minacce e querele. Ancelotti ha sbagliato nei proclami di un mercato da 10 e ha sbagliato nel non dare le dimissioni nonostante fosse in disaccordo sul ritiro di inizio novembre. Adesso è tardi e cambiare la guida tecnica alle porte di una gara fondamentale come quella che ci aspetta col Genk a poco più di una settimana.