Coppa Davis: Un addio o un arrivederci?

Il tennis si scopre di colpo amante delle competizioni a squadre e si apre così una faida che nasconde intrecci da thriller politico

Con la finale di coppa Davis vinta dalla Croazia sui padroni di casa francesi in una rivincita del mondiale di calcio di giugno, concomitanza mai capitata prima, si chiude l’anno tennistico 2018. Potrebbe sembrare la normale conclusione del tour come ogni anno, tuttavia questa volta non sarà così, perché dopo ben 118 anni di storia la coppa Davis, o quantomeno la formula alla quale siamo abituati, andrà in pensione per lasciar posto ad una nuova competizione a squadre nazionali con una formula totalmente diversa e curata dall’ITF e il suo nuovo partner, la società d’investimenti Kosmos capeggiata dal famoso calciatore spagnolo Gerard Piquè che hanno stipulato un accordo di 25 anni ma con possibilità di recesso qualora non si rispettino obiettivi in termini di share televisivo, incassi e top player partecipanti. Questo nuovo sodalizio porterà dunque ad uno stravolgimento della formula di tale antichissima competizione mutandone totalmente i connotati, rimuovendo la fase ad eliminazione diretta da giocare in casa di una delle due sfidanti, con relativi incassi delle federazioni nazionali, giocando in 4 appuntamenti diversi lungo l’annata tennistica (febbraio-aprile-settembre-novembre) fino a culminare con la finale, ultimo evento del circuito maschile. Con la nuova formula si deciderà tutto in una settimana, con sei gironi da tre squadre e qualificazione ai quarti delle prime classificate e delle due migliori seconde. Vista l’incidenza maggiore della classifica avulsa, del quoziente game e del quoziente set, con le squadre che all’ultima giornata già saprebbero quale risultato servirebbe per passare il turno, conterà molto la determinazione dei punteggi per ogni vittoria, sia all’interno del singolo tie che nell’economia del girone. Ogni incontro, infatti, si disputerà al meglio delle tre partite, due singolari e un doppio, tutte al meglio dei tre set (con tiebreak) per far sì che una sconfitta 2-0 dia zero punti e una per 2-1 ne assegni uno in modo da tenere più competitivi tutti i match. Anche se sicuramente la vecchia formula risentiva dell’incedere degli anni, come per le fasi di minor appeal (i gruppi di “serie inferiori”) che rappresentavano più un problema che altro per il paese ospitante, o il fatto che dopo 2 mesi dall’averla vinta si rischiasse di finire in serie B (è capitato spesso, non ultimi gli svizzeri nel 2015), tuttavia questa nuova modalità non ha colto molti favori, non solo tra i top player con Federer ed ora anche Djokovic (dapprima favorevole), ma anche tra i coach come il capitano della Francia finalista Noah che si è tirato fuori da questa nuova competizione. Tutto ciò potrebbe quindi apparire come una semplice ventata di novità ma la questione è molto più complessa di così dato che entrano in gioco diverse parti con interessi ben diversi fra loro che si daranno lotta salvo accordi al momento poco probabili. Quali sono dunque queste altre parti in causa? Fino a due anni fa la Davis era l’unico torneo a squadre ufficiale dell’anno ma nel 2017 ha fatto la sua apparizione, fortemente sponsorizzata da Roger Federer ed il suo entourage, la Laver Cup, manifestazione che in una 3 giorni di match di singolare e doppio vede sfidarsi l’Europa contro il resto del mondo sullo stile della Ryder Cup di golf. Questa neonata competizione che si disputa a fine settembre ha visto subito la presenza dei più grandi campioni, dall’ovvia presenza di Federer, a Nadal, Djokovic, Del Potro, Zverev, Cilic, insomma tutti i campioni slam possibili, un roster di tutto rispetto che ha attirato tantissimo pubblico e quindi incassi televisivi. Nel mentre l’ITF, padrona della Davis, decideva come cambiarsi d’abito ecco che alla ribalta si presenta una nuova competizione, la ATP Cup, che come suggerisce il nome verrà organizzata dall’ ATP e vedrà la sua manifestazione svolgersi in Australia la prima settimana dell’anno su un arco di 10 giorni, offrendo anche punti in classifica per i vincitori oltre a presentarsi come un utile preparazione agli Australian Open, offrendo quindi delle condizioni che i top player paiano abbiano molto apprezzato. La questione si fa quindi delicata, ci sono ora 3 tornei a farsi la guerra e al momento quella più in difficoltà parrebbe essere proprio la neonata Davis Cup, che ha ottenuto i voti necessari a cambiare format promettendo soldi per le federazioni minori che non riuscivano a sostenersi, oltre che un non molto etico scambio di favori come wild card, ma senza aver per ora avuto la benedizione da parte dei migliori giocatori che da soli spostano la maggior parte dell’attenzione mediatica per un evento. Qualche settimana fa i vertici dell’ ATP e quelle della ITF si sono incontrati per parlare proprio di questo argomento e cercare un accordo che potrebbe essere anche la fusione delle due competizioni, cosa al momento abbastanza di difficile realizzazione, dato che mentre la ITF ha tutto il bisogno di cercare partener che li aiutino a richiamare i campioni, l’ATP potrebbe tentare un “colpo di stato” mandando in bancarotta l’ITF, che ha sotto la propria egida gli Slam, che fatturano enormemente più di tutti gli altri (il solo Roland Garros il più “povero” degli slam fattura decisamente di più di tutto il resto del circuito combinato) che danno una piccola parte dei loro incassi alle federazioni a cui appartengono rendendole decisamente più ricche delle altre. L’intreccio però non vede unicamente questi problemi legati soltanto a queste due sigle, ma anche a qualcuno che ha molto potere, come Craig Tiley  direttore dell’Australian Open come detto sotto l’egida ITF, che al contempo sta organizzando la ATP Cup ed è anche consulente di Godsick, manager di Federer e organizzatore della Laver Cup. Quindi Tiley avrebbe tutto l’interesse a non far realizzare alcun accordo tra la ITF e l’ATP dato che sicuramente i top player non potranno disputare tutti e 3 tornei e dovranno dunque scegliere, con ATP Cup e Laver Cup che al momento paiono essere quelli che possono offrire qualcosa in più, punti in classifica e comodità del calendario la ATP Cup e soldi e visibilità per la Laver Cup. Il conflitto d’interesse di manager come Tiley pare evidente e ci fa pensare che l’accordo per evitare una prematura morte della nuova Davis Cup sia veramente difficile e che non convenga proprio a tutti, lasciandoci quindi nel mistero: Dal prossimo anno inizierà una nuova storia centenaria per la Davis o diremo addio definitivamente a questa competizione?