I dolori del giovane Insigne: un capitano insoddisfatto

Vi parlo in tutta franchezza, dichiarazioni di Insigne a parte, ho sempre avuto bisogno di metabolizzare il passaggio del testimone da un capitano all’altro. Per me il ruolo del capitano è importante, e in alcune occasioni non lo si evince nemmeno indossando o meno la fatidica fascia. Un leader lo riconosci sul campo, colui che riesce a spronare la squadra nei momenti difficili. Dispensando la giusta dose per ricaricare forza fisica e, soprattutto, mentale. Una sorte di bastone e carota, il capitano sa come elogiare i compagni ma anche come pungolarli ed esortarli nel dare un maggior contributo alla causa. Sia negli ultimi anni antecedenti al fallimento che i primi anni della gestione De Laurentiis, la figura del capitano si alternava con una certa continuità. Due realtà (per nostra fortuna ndr) completamente diverse, la prima manifestava un chiaro segnale di resa e inadeguatezza, la seconda si approcciava a identificarsi e a risalire la china.

PAOLO CANNAVARO E MAREK HAMSIK

Iuliano, Sentimenti, Bruscolotti, Maradona, Ferrara, tutti calciatori che, nelle rispettive epoche, hanno lasciato un segno indelebile con addosso la medesima fascia. Calciatori che hanno interpretato e indossato le vesti da leader. Fuori e dentro il rettangolo di gioco. L’ultimo decennio della società Partenopea ha visto nuovamente protagonista il ruolo del capitano con un lungo decorso. Paolo Cannavaro e Marek Hamsik si sono contraddistinti come simboli di questa squadra. In maniera diversa, si intende, ma ambedue hanno sempre anteposto il Napoli ad ogni vicissitudine avuta con l’incandescenza del pubblico di Napoli. Paolo Cannavaro ha dovuto convivere all’ombra dell’altisonante carriera del fratello Fabio, e solo negli ultimi anni gli è stata riconosciuta la sua fedeltà e dedizione per questa maglia. Marek Hamsik è stato oggetto di discussione per il suo altalenante talento ed una remissiva personalità di fondo. Ma nessuno dei due ha mai detto una parola fuori posto. Nessuno dei due ha mai recriminato sulle accuse ricevute. Hanno sempre incassato e risposto sul campo in maniera autorevole. Due leader silenti riconosciuti come figli di questa città.

LORENZO INSIGNE E IL SUO RAPPORTO CON LA CITTA’

Lorenzo Insigne, complice la cessione di Hamsik, è da poco diventato il nuovo capitano della squadra azzurra.

Un sogno che si è realizzato dopo anni di gavetta, dove è riuscito sempre ad emergere grazie al suo talento e ai sacrifici della vita d’atleta. 7 anni nella sua città d’origine, una miscela di emozioni, incomprensioni ed elogi. Insomma, un Lorenzo Insigne che ha avuto il tempo di intendere il rapporto carnale che si instaura tra un calciatore napoletano e la città. Amore e odio che si intrecciano come nelle migliori soap opera, quando i due protagonisti tendono alle pretese più ardue da conquistare. Una platea che, forse, ha avuto troppa fretta nel riconoscerlo campione, ed un calciatore che del suo talento, probabilmente, non ne ha saputo riconoscerne il proprio limite. Forse perché campioni lo si è prima con la testa e poi con un pallone tra i piedi. Forse perché a pochi giorni dal match più importante della stagione non si alimentano dubbi sulla propria permanenza futura. Forse perché di quel “Fin quando sarò qui…” ne abbiamo sentiti abbastanza negli ultimi periodi, e che, sempre forse, rimbombano altisonanti a confronto del datato “Voglio essere il Francesco Totti del Napoli”. Lorenzo sa bene quanto questa città sia rimasta scottata dall’atteggiamento di calciatori come Higuain. Il quale proferiva e dispensava tranquillità, ma che dietro le quinte covava di trasferirsi altrove. Ma, più che altro, perché un capitano fresco fatto avrebbe dovuto saldare il suo rapporto con i tifosi, surclassando questo tipo di domande. Saltarle in maniera elegante come lui stesso sa fare in campo con l’avversario. Un dribbling in più, questa volta, avrebbe giovato e dispensato saggezza.