Il bene è na finta ‘e Maradona che scioglie ‘o sanghe ‘dind ‘e vene

Il mondo, la vita in generale, divide il bene dal male. Ce lo insegna la storia, il nostro percorso terreno e ciò a cui assistiamo giorno per giorno. Ce lo insegna la Bibbia, la Chiesa, i giornali, le immagini che vediamo in tv. Ce lo hanno insegnato i libri di scuola, gli storici, ma soprattutto i nostri genitori. Un solco che tracciamo in maniera soggettiva, individuale. Quel che resta scolpito nella mente, e di cui possiamo condividere il pensiero comune,  è il culto tramandatoci dalla propria terra. Quello impartitoci dal Professore Bellavista resterà tra i più celebri. Il filosofo personaggio interpretato dal compianto Luciano De Crescenzo. Scrittore, regista, attore, ma soprattutto narratore di una Napoli traslata e, seppur difficile da credere, reale. La sua perdita ci lascia un grande vuoto, ma anche delle grandi verità che si correlano al nostro quotidiano.

SOSTENITORE DI NAPOLI E DEL NAPOLI

Appassionato della città e della squadra Partenopea, seguiva sempre a distanza gli azzurri ma il giorno del primo scudetto, nell’87, era in campo travestito da fotografo. Tanti sono gli aneddoti che ha raccontato sulla sua passione per la maglia azzurra. Uno dei più significativi è questo: “Ricordo come oggi, la prima volta che ho pianto. Avevo nove anni, mio padre mi portò allo stadio Ascarelli a seguire la partita tra il Napoli e l’Ambrosiana, che oggi è l’Inter. Perdemmo all’ultimo minuto, all’ultimo secondo: iniziai a piangere disperatamente, a dirotto ed in quel momento lo realizzai. Ero un tifoso del Napoli e così è sempre stato, è e saranno sempre una sofferenza genuina. Credo che tifare per la squadra della propria città sia un fatto normale“.

UN NAPOLETANO LO È PER SEMPRE

L’amore che trasmetteva nel citare Napoli vinceva su tutto, sulle peripezie, sui ritmi altalenanti, sulle angosce di una decadenza indotta dalla criminalità. Un bene che avrebbe prevalso attraverso gli occhi della propria gente, la stessa che oggi piange la sua assenza. Porterà via con sé un po’ di quella genuinità che la Napoli di oggi ostenta nel ritrovare nella vita di tutti i giorni. Quella a lui cara, e che tanto gli piaceva raccontare e ritrovare sparsa per il mondo. Una componente dell’animo umano da poter ritrovare in ogni persona. Quella dell’ultima speranza per la razza umana. Una mazza per suonare il gong, dove il suono risulterà sempre diverso a secondo del piatto che rimbomberà.

Il nostro è un abbraccio lungo e caloroso, il bene di Napoli lo hai senz’altro ottenuto per eternità. Resteremo con i nostri punti interrogativi, come tu ci hai insegnato da sempre.