Salvini su banco imputati al Consiglio Lega. La Meloni frena sul ruolo di “Matteo” nel prossimo Governo

Il veto di Meloni su Salvini: “Matteo non avrà ministeri chiave”.

Mentre Giorgia Meloni da via della Scrofa tesse la tela del suo governo, da Palazzo Chigi Mario Draghi annuncia che sta lavorando sulla anticipazione della terza tranche del Pnrr, tema di cui certo il premier uscente e quello entrante parleranno insieme.

Nella sede della Lega a Via Bellerio, intanto, va in scena in queste ore al Consiglio Federale il processo a Matteo Salvini, dopo il flop che il segretario ieri ha imputato in larga parte al sostegno al governo Draghi.

Intanto la Meloni frena sul nome di Salvini: la leader di FdI punta a neutralizzare l’alleato e per il Viminale pensa a Piantedosi o Pecoraro. Gli altri incastri nei dicasteri e alle Camere.

A fronte di un Roberto Maroni che da il benservito a Salvini e ipotizza una nuova guida, c’è Attilio Fontana che ne conferma la leadership (“Lui a rischio? Non credo proprio”). Di certo il grande exploit di Fratelli d’Italia – passata nell’arco di una legislatura dal 4% al 26 % conquistando il Nord (Lombardia, Veneto, Friuli) a danno della Lega – peserà sugli equilibri del nuovo esecutivo, dopo che Il Capo dello Stato Sergio Mattarella avvierà le consultazioni circa una settimana dopo il 13 ottobre, giorno segnato in rosso sul calendario per la prima convocazione delle Camera della diciannovesima legislatura. I rapporti di forza nel centrodestra influiranno fin da subito, prima ancora che per la formazione della squadra di governo, nella scelta dei Presidenti di Senato e Camera.

A Palazzo Madama (dove è ormai escluso che possa andare il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi), se Fdi cederà il passo agli alleati invece di Ignazio La Russa, di cui pure si è fatto il nome, potrebbe arrivare il leghista Roberto Calderoli o l’azzurro Maurizio Gasparri. Per Montecitorio invece si sono fatti i nomi del leghista Riccardo Molinari, il centrista Maurizio Lupi o di Antonio Tajani, in lizza anche per la Farnesina (“Io ministro degli Esteri? Farò ciò che serve al nostro paese come ho sempre fatto”, si schermisce lui).

Nel Pd intanto si elabora la sconfitta e si avvia la macchina congressuale, in attesa della convocazione della direzione che dovrà approvare il regolamento delle assise. Il Terzo Polo, con Matteo Renzi, si candida intanto a sedere al tavolo delle riforme: “Meloni premier avrà la nostra opposizione. Voteremo contro la fiducia, presenteremo i nostri emendamenti. E, se chiederà un tavolo per fare insieme le riforme costituzionali, noi ci saremo perché siamo sempre pronti a riscrivere insieme le regole”.