Influenza australiana: di cosa si tratta?

I ricercatori dell’Area di Microbiologa e Diagnostica di Immunologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma hanno identificato 16 casi di “influenza australiana” nei bambini.

Il primo caso di virus H3N2 è stato individuato nel mese di giugno scorso e come dichiarato dal responsabile di Microbiologa e Diagnostica di Immunologia del nosocomio romano la caratterizzazione di un virus è un’indagine di laboratorio che consente di scoprirne le caratteristiche e di capire se si tratti di un patogeno sconosciuto o già noto: “Nei nostri pazienti è stato individuato l’H3N2, una tipologia relativamente comune che circola negli anni. L’ondata di contagi, partita con circa 6 mesi di anticipo dall’emisfero meridionale, inclusa l’Australia, si preannuncia intensa anche in Italia, già raggiunta dal virus fin dall’inizio dell’estate”.

Secondo quanto appurato dalle ricerche, l’influenza australiana si manifesterebbe con dei sintomi simili a quelli stagionali ovvero stanchezza, dolore a ossa e muscoli, febbre e problemi all’apparato respiratorio e gastro-intestinale, ma soggetti fragili, però, l’influenza australiana potrebbe avere effetti più gravi.

Il prof. Alberto Villani, direttore del Dipartimento di Emergenza, Accettazione e Pediatria Generale del Bambino Gesù ha dichiarato: “La raccomandazione è di vaccinare contro l’influenza tutti i bambini, soprattutto se fragili, a partire dai 6 mesi di età. Il vaccino è uno strumento sicuro per proteggere sia loro che i soggetti più a rischio del nucleo familiare”.

In merito alla vaccinazione influenzale e a quella anti-Covid19, Villani ha poi sottolineato: “La doppia vaccinazione, antinfluenzale e anti-Covid, è particolarmente importante e indicata per tutte le fasce di popolazione più fragili. Ricordiamo sempre che i vaccini ci proteggono non solo dalle forme gravi della malattia, ma anche e soprattutto dal rischio di esito mortale che purtroppo non si può escludere”.