Il punto sulle elezioni in Nigeria

In Nigeria verrà eletto un nuovo presidente. Nel frattempo, il paese in via di sviluppo, deve affrontare disoccupazione, povertà, disordini sociali, insicurezza e corruzione.

di Gianluca Gautieri – Questo sabato si terranno le elezioni presidenziali in Nigeria, il paese più popoloso del continente Africano, con più di 200 milioni di abitanti. Fra i 18 candidati, i più accreditati sono Bola Ahmed Tinubu, esponente del partito di governo All Progressives Congress (che esprime attualmente il presidente uscente Muhammadu Buhari) e Atiku Abubakar, del principale partito di opposizione People’s Democratic Party. Chiacchieratissima è la figura di Peter Obi, leader del Labour Party, che esprime forti tendenze socialiste e basa la sua comunicazione politica su uno stile di vita sobrio. Quest’ultimo, secondo gli analisti, sembra avere molte meno probabilità di vincere, ma rappresenta una forte novità nella politica Nigeriana, in cui l’ostentazione della ricchezza e la corruzione sono centrali.


La partita Nigeriana è senz’altro molto complessa. La popolazione è molto giovane, parliamo del 70% di Under 30 (in Italia siamo al 28%). Proprio i giovani fanno parte della cosiddetta “generazione della democrazia”, quella dei nati dopo il 1999, anno che segnò la fine di un periodo contrassegnato da colpi di stato e governi militari. Secondo Il post la forte rilevanza di questa generazione è dovuta “al fatto che sembra essere molto meno allineata e prevedibile di altre nell’espressione del proprio voto, e allo stesso tempo molto desiderosa di cambiamento.”


Dal 2017 prolifera nel paese il movimento End SARS contro la Special Anti-Robbery Squad, un’unità della polizia nigeriana creata nel 1992 per occuparsi di reati come rapine, furti e rapimenti, rea di numerosi abusi ai danni della popolazione locale. Fra i temi principali del paese torreggia senz’altro la sicurezza, data la dilagante criminalità diffusa nel paese. Ma la vera bomba sociale è l’economia. In Nigeria si riscontra un tasso di disoccupazione al 33%, numero spaventoso che relega milioni di cittadini sotto la soglia della povertà. La responsabilità è attribuibile anche all’assenza di un welfare sviluppato.


Foreign Affaires approfondisce la scarsa presenza dello stato nell’economia ponendo al centro il problema delle tasse. La Nigeria registra un gettito fiscale estremamente basso, in quanto “raccoglie appena il cinque per cento del suo PIL in tasse, uno dei rapporti tasse/PIL più bassi al mondo e ben al di sotto della media dei paesi africani (16 per cento) o di quella delle nazioni più industrializzate (33 per cento)”. È evidente come uno stato che non riscuote tasse, non possa offrire servizi adeguati ai propri cittadini.

La partita elettorale è dunque cruciale, per un paese che aspetta una ventata d’aria fresca ormai da anni, e che necessiterebbe di una vera grande azione riformista.