Il segretario generale del Sindacato polizia penitenziaria Aldo Di Giacomo, in una nota, dichiara: “Come denunciamo da tempo le carceri campane sono grandi piazze di spaccio di droga, almeno 3 chili la settimana con un giro di affari di una decina di milioni d’euro l’anno”. Confermato poco dopo anche dal procuratore di Santa Maria Capua Vetere Bruni.
Di Giacomo sottolinea: “È un giro che vede i familiari dei detenuti far entrare la droga oppure pagare direttamente i clan per la fornitura in cella di stupefacenti e l’alternarsi di pusher fuori e dentro le celle, grazie in particolare ai detenuti in permesso lavoro che fanno la spola o utilizzando i detenuti più deboli e ricattabili. Sono invece gli uomini dei clan, che si servono di telefonini per il più comodo spaccio di droga dentro e fuori il carcere e per dare ordini agli uomini sui territori, a gestire i traffici. Così la detenzione del capo clan che dovrebbe rappresentare la fine della carriera criminale non solo si trasforma in continuazione ma cementifica i rapporti con detenuti e alimenta l’economia criminale necessaria specie per sostenere le famiglie dei detenuti.
Purtroppo la droga non è l’unica emergenza: nelle carceri della Campania, come riprovano i gravi episodi di due agenti aggrediti sempre a Santa Maria e due a Secondigliano, nel giro di 48 ore e i disordini a Salerno, la situazione è fuori controllo al punto che detenuti a Poggioreale diventano influencer con video diffusi dalle celle sui social e che i colloqui familiari-detenuti (sempre a Poggioreale) si fanno dall’esterno con il megafono, quando non c’è il telefonino”
Secondo quanto dichiarato, le piazze di spaccio “creano” la loro esistenza poiché la domanda di stupefacenti è alta: la presenza di detenuti classificati tossicodipendenti già all’ingresso in tutta Italia è di circa 18mila (poco meno del 30 per cento del totale) per i quali il cosiddetto “programma a scalare” con la somministrazione di metadone ha dato risultati molto scarsi. Di fatto, la recidività di reato per questi detenuti, una volta fuori, è altissima. Bisogna poi aggiungere che tre detenuti su dieci sono solo spacciatori e non consumatori e ciò amplifica i rischi e la dipendenza.