Il parere dei giudici: fase finale della cattura di Zagaria “confusa e inquietante”

L’arresto di Michele Zagaria, noto come l’ex primula rossa del clan dei Casalesi, avvenuto nel bunker di Casapesenna dopo 15 anni di latitanza, segna la conclusione di un’operazione di intelligence complessa. Tuttavia, i giudici del Tribunale di Napoli Nord hanno espresso un severo giudizio sulla sua esecuzione, che è risultata confusa, imprudente, a tratti inesperta e persino preoccupante.

Nelle motivazioni della sentenza che ha condannato il poliziotto Oscar Vesevo a sei anni e sei mesi di reclusione per l’appropriazione di una pen drive trovata nella villa di Casapesenna (Caserta), i giudici analizzano le fasi precedenti e successive alla cattura del boss. Scrivono: “È stato dimostrato che l’operazione di Polizia è iniziata in modo caotico e si è poi trasformata in un evento festoso quando è stata confermata la presenza del latitante”.

L’operazione ha rischiato di fallire perché la segretezza, che doveva essere assoluta, è stata compromessa quasi immediatamente con l’arrivo delle volanti della Polizia del Commissariato locale la mattina del 7 dicembre, in prossimità della casa individuata, senza alcun coinvolgimento nel dispositivo previsto nelle ore notturne precedenti.