La nuova democrazia parlamentare pensata da FDI

  • Articolo di Biagio Fusco

La sfida del centrodestra riparte dal tema del Presidenzialismo e quindi dalla riforma costituzionale che come effetto futuro sancirebbe l’aggiornamento della versione attuale, così come nuovamente immaginata dal Governo Meloni. A spiegare quello che sarà il  testo normativo rinnovato è l’esperto in materia nonché consulente incaricato direttamente dal nostro Premier di redigere lo schema dell’atto, oltre che di prendere parte alle consultazioni portate avanti con le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, ovvero il Prof. Francesco Saverio Marini, il quale nell’illustrare le novità introdotte dal DDL Casellati, che prevedrà l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, chiarisce alcuni punti qualificanti della modifica legislativa. Ebbene, l’esecutivo, in fase di strutturazione del progetto di revisione costituzionale giunto sino all’approvazione in sede di consiglio dei ministri, ha deciso di puntare sulle garanzie di stabilità e governabilità, non incidendo sulle prerogative del Capo dello Stato e dunque lasciando invariati gli equilibri oggi esistenti tra i vari poteri istituzionali, in maniera tale da non intaccare la forma di governo parlamentare.

L’esigenza di questo cambiamento, che, seppur si limita a riguardare semplicemente 4 articoli della nostra Carta Costituzionale, appare epocale, è scaturita senza dubbio dalla consapevolezza che per l’Italia dopo numerosi tentativi fatti nei decenni scorsi, rivelatisi tutti alquanto svogliati o rimasti ancorati alle mere intenzioni delle parole senza conoscere una concreta volontà di attuazione, era arrivata l’ora della stabilità e della governabilità, se si considera che in 72 anni di storia repubblicana si sono avvicendati ben 68 governi. Un vero record mondiale ! La si potrebbe ribattezzare “ riforma soft ”, tenuto conto che insegue la novità cercando di riordinare l’essenziale in un’ottica che comunque tuteli la tradizione giuridica italiana. Ma si sa, tutti i grandi emendamenti alla Carta, da quelli riusciti a quelli sfumati, hanno sempre prodotto una gran coltre di scetticismo e perplessità, tanto nella popolazione, che spesso assiste a queste vicende senza voce in capitolo o ne è coinvolta attraverso lo strumento di democrazia diretta che è il referendum, quanto tra i giuristi chiamati a fornire pareri il più delle volte contrastanti tra loro. Analizzata nello specifico tecnico, ad ogni modo, la novella legislativa non comporterà, come altrimenti presunto durante i momenti embrionali del dibattito politico sulla questione, l’assunzione da parte del neo Premier dei poteri che spettano invece a molti suoi omologhi europei.

Ed infatti, non avrà egli la possibilità di sciogliere le camere occupate dai rappresentanti del popolo, facoltà che resta saldamente nelle mani del Presidente della Repubblica, e questo per assecondare la posizione del Partito Democratico, che sul punto non ha espresso il proprio gradimento rispetto alla figura paventata dalla destra dell’ “ uomo solo al comando “. Se è già scritto nelle norme costituzionali che il Presidente del Consiglio nomina i ministri ed esercita una finzione di controllo sui nominativi proposti dagli schieramenti politici che nella maggioranza sostengono il Governo, allora ci si domanda in cosa davvero consista la trasformazione. La Russa e Pera, due autorevoli esponenti del centrodestra, sono fermamente convinti che nella ipotesi di elezione diretta del Premier bisognerebbe razionalmente applicare con rigidità il principio simul stabunt simul cadent, come accade nei governi locali, ad esempio i Comuni, in cui quando cade il Sindaco la parola passa agli elettori ed immediatamente si torna al voto. A questo punto, però, è altrettanto ragionevole porsi l’interrogativo sulle modalità ed i meccanismi che assicurino stabilità e governabilità, se si tratta realmente di obiettivi presentati come pregiudiziali di questa prossima riforma, i quali inevitabilmente verrebbero sacrificati, vanificando così le speranze degli italiani che confidano in un esecutivo stabilmente al potere.

La soluzione potrebbe risultare quella di consentire, sia pure una sola volta nella legislatura, l’elezione da parte del Parlamento di un sostituto, anche perché il principio innanzi richiamato sconterebbe una inflessibilità non sostenibile, dato che verrebbero indette nuove elezioni anche in assenza di crisi politica interna alla maggioranza, ma nella evenienza di fattori del tutto accidentali come l’impedimento, la morte o la decadenza del Capo del Governo. In fondo la disposizione di legge presente nel nostro ordinamento, quella che impedisce il cosiddetto ribaltone, preserva la continuità del programma politico, benchè sia possibile rimaneggiare, almeno sulla carta, la stessa coalizione che lo ha condiviso.