Oltre ogni barriera architettonica e culturale

 

  • Articolo di Biagio Fusco

Quando le premure della Politica si pongono al servizio esclusivo delle fasce più deboli e meno protette della nostra società, ogni traguardo diventa un successo. Il Capo dello Stato interviene alla quarta edizione del Festival della cultura Paralimpica, che nei suoi quattro incontri dedicati ad eventi, dibattiti, proiezioni di film e documentari, presentazione di libri, mostre fotografiche e tanto altro, ha conosciuto anche la cortese ospitalità della città di Taranto, lì a farne da preziosa cornice. Sergio Mattarella ha dichiarato che “ Ogni barriera abbattuta è un successo per tutti ”, ed in verità le conquiste ottenute negli ultimi anni dalle iniziative organizzate dal movimento associazionistico paralimpico sono molte, se commisurate ai talenti che sono stati scoperti nelle varie discipline sportive ed ai risultati conseguiti da questi ultimi nelle competizioni a cui hanno preso parte. Il merito più grande dell’Italia movimentista, quella che piace e che appassiona per la pregevolezza dei valori che si impegna a tutelare, è di saper coniugare sport, cultura e volontariato in un’unica sintesi che spinge il Paese lungo un tortuoso ma gratificante percorso di civiltà umana. L’obiettivo finale sarà la libertà, intesa nel suo significato più pieno e compiuto, e cioè declinato nelle sue forme più sincere che racchiudono le aspirazioni ad un posto di lavoro adeguato alle capacità del singolo e che consentono a ciascuno di tirar fuori la propria personalità.

La Politica ha il compito di assecondare le sollecitazioni che provengono dalla sua bussola, la Carta Costituzionale, che deve ricevere un’attuazione non solo formale ma soprattutto sostanziale, in linea armonica con lo spirito voluto dall’Assemblea Costituente del 1946 – 1948.  ..Queste medaglie danno grande orgoglio all’intero Paese, consentono di seguire con sempre maggiore ammirazione lo sport paralimpicoI motivi di orgoglio sono una sollecitazione a tanti altri giovani a impegnarsi nello sport paralimpico. Sono talenti di cui il Paese ha bisogno, nello sport e negli altri settori della vita sociale “. Queste le calorose parole consegnate da Mattarella ai numerosissimi partecipanti alla kermesse tenutasi nella Città dei Due Mari, alle quali si aggiungono quelle egualmente entusiaste di Iacopo Volpi, direttore di Rai Sport, personaggio molto amato, cui è toccato l’onore di inaugurare i lavori del grande appuntamento formativo e che non ha esitato a ricordare a tutti i presenti il contributo di idee offerto alla buona riuscita del Festival da Giorgio Pancalli, Presidente del Comitato Paralimpico. Il lietmotiv che ha ispirato il progetto è tutto quanto condensato nel titolo che si è voluto dare alla manifestazione culturale, ovvero “ Sport e linguaggio universale ”, perché lo sport è la lingua universale dell’inclusione, in grado di unire il mondo a tutte le latitudini e di avvinare i popoli, e che permette ad ognuno di raccontare la propria storia personale di vita, spesso attraversata dal dolore della disabilità.

Di identico tenore sono state le dichiarazioni rilasciate dal nostro ministro dello sport Andrea Abodi, il quale ha saggiamente evidenziato che tale specifico aspetto caratterizza il momento sportivo e lo connota di un principio sostanziale ulteriormente qualificante; in latri termini, chi ama lo sport ed abbraccia la cultura paralimpica riscopre la vita in qualche maniera, se si considera che il 75% delle persone con disabilità, e dunque degli atleti paralimpici che fanno questa scelta, sono felici. Il ministro ha poi aggiunto rivolgendosi a tutti, uomini e donne, normodotati e soggetti con diverse abilità, che “ questa sia una chiave di interpretazione dello stato d’animo che dovremmo scoprire anche noi che pensiamo sempre a quello che non abbiamo, mentre queste donne e questi uomini riescono a valorizzare al massimo quello che hanno”. Senza dubbio l’emozione più intensa che ha regalato la spettacolare cerimonia, calendarizzata nei suoi quattro raduni, si è raggiunta con l’esperienza raccontata da Alessandra Campedelli, ex allenatrice della nazionale italiana di volley di ragazze sorde, oggi di quella iraniana.

Eh sì, la nostra Alessandra ha confessato di non conoscere il linguaggio dei segni, benchè purtroppo sia madre di Riccardo, un ragazzo sordo, che le ha insegnato però un tipo di comunicazione certamente non verbale e che le ha fatto comprendere l’importanza del linguaggio lis, non soltanto per rivolgersi alle atlete durante l’agonismo delle gare ma per evitare che potessero sentirsi interiormente persone di serie B. L’opportunità di allenare il volley femminile ha rappresentato un punto di partenza, perché non riuscire ad instaurare un giusto rapporto di comunicazione con ragazze sorde l’ha relegata in un angolo di esclusione fino a convincersi di essere in un certo senso una analfabeta. Queste le vibranti frasi della sua commozione: “ tutte le certezze si sono infrante davanti a una cultura complessa da comprendere. Credo che sia stata un’opportunità per me: queste esperienze le ho riportate nel mio lavoro di insegnante e poi di allenatrice “.