Cardito, violenza domestica davanti alla figlia: condannato a sei anni e quattro mesi

È arrivata in tempi rapidi la condanna per Salvatore L., trentenne originario di Acerra, ritenuto colpevole di reiterate condotte minacciose, offensive e violente nei confronti della compagna ventitreenne, episodi che si sono verificati alla presenza della figlia di appena quattro anni, nel periodo in cui la coppia risiedeva a Cardito.

La vicenda ha avuto una svolta dopo l’ennesima aggressione, avvenuta in un fine settimana al rientro dell’uomo da un lavoro fuori regione. In quell’occasione, la donna – ormai esausta e spaventata – ha chiesto aiuto ai Carabinieri. Giunti presso l’abitazione, i militari hanno trovato l’uomo in stato di agitazione, la compagna in lacrime e la bambina con un taglio al labbro sanguinante.

Le indagini avviate immediatamente secondo le procedure del Codice Rosso hanno permesso di ricostruire una storia di abusi e soprusi iniziata sin dai primi tempi della relazione, mai interrotti neppure durante la gravidanza o dopo la nascita della bambina. I genitori della giovane, nella speranza di aiutare il nuovo nucleo familiare, avevano persino cercato una sistemazione lavorativa per l’uomo, poi impiegato in cantieri fuori regione.

Nonostante l’allontanamento iniziale disposto dalle forze dell’ordine, l’uomo era tornato poche ore dopo, cercando di entrare in casa e, non riuscendoci, minacciando la compagna dalla strada e promettendo di “distruggere tutto”.

Durante il processo, la giovane donna – assistita dall’avv. Giuseppe Tuccillo – ha ricostruito dettagliatamente gli anni di vessazioni subite, respingendo punto per punto le contestazioni della difesa. L’imputato ha cambiato tre legali in cinque udienze e ha tentato di difendersi sottoponendosi a esame personale e portando due testimoni a discarico: la sorella e la cognata. Tuttavia, le loro dichiarazioni, anziché alleggerire la sua posizione, hanno confermato il quadro accusatorio, specie quando l’uomo ha cercato di giustificare la ferita della bambina sostenendo che la madre l’avesse usata come “scudo”.

Le deposizioni delle due donne si sono rivelate irrilevanti e insufficienti a smontare le accuse. Concluso il dibattimento con le arringhe del P.M. dott. Vergara, della parte civile e del difensore avv. Gaetano Passante, il Tribunale di Napoli Nord ha pronunciato una condanna a sei anni e quattro mesi di reclusione, riconoscendo la gravità e la reiterazione dei comportamenti dell’imputato.

È stato già annunciato ricorso in appello, in attesa del deposito delle motivazioni della sentenza, previsto entro novanta giorni.