Nel cuore del Sud Italia, tra la brillante Napoli e le vaste pianure della Campania, si ergono imponenti testimonianze di un’epoca di splendore: i palazzi e le grandi dimore volute dalla dinastia dei Borbone. Questi edifici furono parte integrante del progetto di governo e rappresentanza del Borbone di Napoli nel Regno delle Due Sicilie. In particolare, le residenze borboniche in Campania rappresentano un vero e proprio sistema territoriale e culturale, pensato per manifestare la grandezza della monarchia, diffondere i valori del Regno e legare il potere reale al paesaggio e all’arte del Mezzogiorno.

In questo articolo esploreremo tre aspetti fondamentali: la genesi del fenomeno, alcuni esempi emblematici dei palazzi borbonici del Regno delle Due Sicilie, e infine l’eredità mitica e culturale che queste architetture hanno lasciato. La nascita delle residenze borboniche in Campania va collocata nella prima metà del Settecento, quando Carlo di Borbone salì al trono di Napoli e avviò una politica di elevazione della capitale e del suo regno. Questi palazzi borbonici del Regno delle Due Sicilie non erano soltanto abitazioni reali: erano strumenti di rappresentanza, laboratori di governo, luoghi di produzione culturale e motori territoriali.

Ad esempio, un sito ufficiale definisce i cosiddetti “Siti Reali” come un vero e proprio sistema territoriale di poli delle residenze borboniche destinati a funzioni residenziali, venatorie, agricole e industriali. In questo modo, la dinastia borbonica intendeva affermare la propria legittimità e prestigio, in un contesto in cui la Napoli del Settecento aspirava a rivaleggiare con le capitali europee. Dal punto di vista mitico-simbolico, queste residenze incarnavano l’idea del sovrano “padre della nazione”, del territorio che si specchia nei grandi viali, nei giardini e nei cortili, e dello Stato che non è solo amministrazione ma esperienza estetica e ambientale. Il Palazzo Reale di Napoli fu inizialmente costruito tra il 1600 e il 1612 per volontà del viceré spagnolo e dell’architetto Domenico Fontana su committenza del viceré Fernando Ruiz de Castro.

Quando i Borbone presero il potere a Napoli (1734 – 35) con Carlo di Borbone, il Palazzo divenne residenza reale centrale e furono effettuati ampliamenti: ad esempio il “Braccio Nuovo” verso il mare che collegava alla Biblioteca. Il Palazzo incarnava l’idea della corte come centro del regno, luogo di cerimonie, amministrazione e vita sociale. Gli Appartamenti di Etichetta, la Cappella Reale, il giardino pensile e i cortili sono una testimonianza plastica di questa funzione. Musei di Napoli. Da un punto di vista simbolico, la facciata che si affaccia su Piazza del Plebiscito (all’epoca Largo di Palazzo) stabilisce un dialogo diretto tra il sovrano e la città: non un palazzo chiuso, ma un palazzo “rivolto” al popolo e alla città. Levo Cidina Napoli Oggi ospita una notevole collezione di arazzi, mobili, quadri e porcellane d’epoca.