Pnrr e la speranza di un lavoro…nuovo

di Biagio Fusco – Le aspettative generali, riposte negli investimenti che complessivamente rientrano nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (cd. Pnrr), sono davvero importanti, visto che gli analisti del settore a riguardo si sono espressi con un confortante pronostico che prevede un sensibile innalzamento dell’occupazione, la quale in termini numerici dovrebbe toccare le 375mila unità aggiuntive. Al privato impiego nello specifico dovrebbe essere riservato circa il 79% di questo risultato prossimo, con una maggiore concentrazione di risorse nel comparto edile, per il quale i bookmakers della nostra economia sono pronti a scommettere che saranno prodotti entro l’anno 2025 quasi 95.600 posti di lavoro in più, ovvero un surplus del 10% se si tiene conto del livello pre-pandemia.

E’ attesa una crescita esponenziale, e per la verità non si tratterebbe certo di una sorpresa ma di un fattore scontato, anche in materia di ricerca, transizione digitale e sviluppo tecnologico, dai cui innesti finanziari ci si prepara ad incamerare un ritorno occupazionale nel medesimo periodo di programmazione di 12.700 lavoratori in aumento, i quali farebbero segnare un + 12,78% rispetto al 2019 ante Covid. Le stime sono quelle contenute in uno studio prospettico condotto dalla nostra Banca d’Italia, che realizza una vera e propria pianificazione previsionale di medio periodo, benchè a ribasso. Ed infatti, dai 235,6 miliardi totali stanziati per il nostro Paese bisogna scorporarne all’incirca 174, poichè destinati a nuovi interventi e comunque escludere materie come sanità ed istruzione, di esclusiva pertinenza della P.A., ritenuta la comprensibile incertezza originata da mere ipotesi di calcolo, seppur approssimativamente molto vicine alla realtà concreta. I numeri dovranno parlare chiaro agli italiani, nel senso che l’unica lingua comprensibile per chi ha già un lavoro o lo attende sarà senz’altro quella che ci spiegherà una crescita dell’Italia in tutti i settori merceologici conosciuti, ad esempio dal settore guida che sono le costruzioni civili, attraversate di recente da quell’onda anomala di euforia che va sotto il nome di eco – sismabonus al 110%, oggi ridotto al 90, che ha messo sotto stress tantissime imprese, da quelle più solide e blasonate sino alle start – up nate per l’occasione perché attratte dalle sue enormi potenzialità economiche ma che si vedono frustrate dal miraggio di liquidazioni monetarie talora sacrosante che il Governo stenta a sbloccare, lasciandole incastrate nei meccanismi burocratici.

Ma non esiste soltanto l’edilizia, per high tech e risk management il 2024 garantirà rispettivamente 27.700 e 30.600 occupati in più, tracciando un netto divario con il tetto raggiunto nei 6 anni che precedono il 2019, anno spartiacque tra il periodo pre pandemico ed il post emergenza sanitaria. Tempi di gloria arriveranno anche per le cosiddette attività di supporto imprenditoriale e per la produzione di beni strumentali come i macchinari in generale. Ebbene sì, il dossier di Bankitalia dice che 19.000 e 13.900 sono i traguardi aspettati in questi due rami della nostra economia. Ad ogni modo, a queste eventualità teoriche, altamente fiduciarie nei loro contenuti, non si può sottrarre una pur minima percentuale di incertezza o di variabile non soggetta a misurazione. Essa consiste nella elevata specializzazione e qualificazione professionale che in ogni caso ed a tutte le categorie, da quella operaia a quella che si occupa di progettazione, richiederà questo nuovo scenario economico e finanziario, al quale sembra affacciarsi per ora timidamente il nostro Paese, che forse confida in una maggiore spinta politica da parte del nuovo Governo in carica. La gran parte delle attività nuove, generate dal Pnrr in ambito di privato impiego, avrebbe natura per così dire “ routinaria ”, ancorchè la quota di lavoratori con competenze analitiche apparirebbe molto più alta se confrontata con gli andamenti della domanda ed offerta di lavoro nel lungo periodo precedente che va dal 2014 al 2019.

Assimilata una tale peculiarità che caratterizzerebbe l’immaginato nuovo sistema, la quale nei fatti potrebbe rivelarsi una criticità capace di rallentare la crescita tanto auspicata, si imporrebbero misure accessorie di contrasto a tale tipologia di inconveniente, ad esempio puntando su istruzione formativa e politiche attive del lavoro. La temporaneità del Pnrr potrebbe provocare un intempestivo disadattamento dell’offerta di lavoro ai tempi necessari ad una formazione adeguata della manodopera, a fronte di interventi limitati nel tempo. Anche laddove questa“ nuovafilosofia produttiva, italiana,  fosse in grado di assorbire un lavoratore appena formato, si presenterebbe la esigenza di una inevitabile ricollocazione alla scadenza per esaurimento degli innesti finanziari stabiliti dal Pnrr, ed è qui che si focalizza l’attenzione del report della Banca Centrale interna che non trascura in una evidente chiave risolutoria del problema l’incentivo verso politiche migratorie pensate nell’ottica di collocare con precisione la forza lavoro in modo efficace e dunque qualificato.