Un anno di Guerra, di chi è la colpa?

di Gianluca Gautieri – È passato un anno da quel tumultuoso risveglio, travolti dalle angoscianti ultim’ore, notizie di missili e di bombe, di sangue. La guerra è alle porte, la storia non è finita.


Citando Lenin, “ci sono decenni in cui non accade nulla, e settimane in cui accadono decenni”; ed in quelle settimane abbiamo ricominciato a parlare di armi, di strategie, di aggressori ed aggrediti. Come se le ostilità fossero davvero terminate nel ’45. Ma come poteva questa guerra non rumoreggiare più delle altre? La pubblica opinione europea non poteva accendersi per la Siria, l’Iraq, l’Afghanistan e la Libia così come ha fatto in questi 12 mesi per una guerra nel cuore del vecchio continente, una guerra strategica per l’Europa, che coinvolge territori a cui siamo storicamente ed antropologicamente legati. Ed allora si è iniziato a chiacchierare. Le responsabilità dell’Occidente, i crimini di Zelensky, la povera Russia accerchiata dall’aquila in agguato. Nulla di fondato.


È saggio riconoscere il grigio, sapere che il mondo non è sempre bianco e nero. L’Occidente non è modello di umanità, non esporta libertà e democrazia. Abbiamo soltanto scelto la superpotenza che più ci assomigliava. E che cosa sono gli Stati Uniti, se non quel modello di potenza non economicista, con una qualità della vita medioevale ed una retorica di potenza, supremazia, di sangue. Ma ad ognuno le proprie responsabilità, e la Guerra d’Ucraina ha un solo colpevole, la Russia. È criminale pensare il contrario.


Una guerra che poggia su radici ataviche, antropologiche. Da sempre, in Russia, il popolo ucraino è considerato subordinato e dipendente. Un popolo ed un territorio inevitabilmente appartenenti al patrimonio Russo, il Russkij Mir. Perché le nazioni ex sovietiche sono solo frammenti di uno storico impero, da proteggere e ricostruire. Ma la realtà è che non esiste alcuna diaspora russa, i russofoni nel mondo non sono russi, bensì ucraini, moldavi, georgiani, kazaki. E l’Ucraina ce l’ha dimostrato, perché le città di Kharkiv e Mariupol, teoricamente russofone, assediate e rase al suolo, non hanno mai ceduto all’eroe liberatore (invasore).


E non c’è nulla che giustifichi quest’aggressione, tutt’oggi, nulla. Nessuna espansione della Nato, nessuna oppressione nazista nel Donbass, solo sangue.
11mila morti civili, quasi 100mila morti militari, 456 bambini, 8 milioni di migranti. (fonti Onu, UNHCR)


E se gli sparo in fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per morire
Ma il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muore

 

                                                                     Fabrizio de Andrè, La Guerra di Piero