Tottenham – Juventus: l’impresa di Wembley raccontata da un tifoso bianconero

di Gianluca Cirillo

Ero molto stanco.
La sveglia è suonata alle 3:00. Dopo una giornata in giro mi sarebbe piaciuto dormire un po’ ma c’era un aereo da prendere. 4 ore di auto per arrivare a Roma, passate più con gli occhi chiusi che aperti. Il sedile non era così comodo ma pazienza. Navetta, entri, controllo, gate. Un immenso girotondo e le postazioni e i negozi intorno a te che sembrano tutti uguali. Ogni tanto ti chiedi cosa accadrà stasera, meglio non pensarci.
Volo, atterri, ancora un girotondo. Trovi un po’ di calma nel treno, la campagna inglese è tutta intorno, brulla, incolta, i colori sono freddi. Ma non importa.

Scendi dal treno, zaino in spalle e inizi a capire che Londra è un grosso orologio. La metro è sempre piena. Tante persone che girano vorticosamente intorno a te, alla ricerca del prossimo cambio, tutti hanno da fare, nessuno ti guarda in faccia nemmeno quando ti sbatte addosso. Esci finalmente da questo vortice ed è tutto così grande. Strade larghe, palazzi altissimi, alzi la faccia e vedi il Wembley. Un grosso colosso, sembra di trovarsi davanti al simbolo del Calcio: un nome vecchio per un mondo, uno stadio, sempre più nuovo, che continua a trasformarsi.
Le ore sembrano attimi e in un momento mi giro e dalle scale della metro fiumi di tifosi degli Spurs ti urlano in faccia “We are all mad!“, ti riconoscono e dicono in faccia “Siamo tutti pazzi“. Ma non importa. Devo trovare un biglietto. Sono sveglio da stamattina, ho preso treni ed aerei, nulla e niente potrà separarmi da quello Stadio, io voglio entrarci.

Ma niente. I bagarini vogliono fregarti, i biglietti sono finiti, il cambio con le sterline ti ha tagliato i soldi che avevi messo da parte. Man mano capisci che gliela devi dar vinta. Per ora.

Cala il gelo sul quartiere, 5 minuti al calcio di inizio. Decido che la partita la guarderò con mio fratello, con i tifosi che come me hanno visto svanire un sogno pochi istanti fa. Non ci sarà nessuno stadio inglese da visitare, niente cori da cantare.
Trovo un pub, arredato approssimativamente. Il buttafuori non era però approssimativo, un colosso di due metri che mi guarda in faccia e mi dice che entrano solo quelli del Tottenham. “Amico sono stanco, giro da stamattina, fa freddo, voglio solo vedere la partita, fammi entrare“.

 

Tottenham-Juventus: vista da un pub ingleseLa montagna si sposta un po’ più in là, posso vedere la partita in un pub inglese ma giochiamo male. Non ce la faremo, stiamo messi male in campo, non reagiamo. Quello era rigore, ma quelli del Tottenham festeggiano. Ecco abbiamo preso gol. Tutti questi km per beccarmi i cori in faccia senza poter fiatare. E perdiamo pure. I fantasmi girano nella testa, ma poi 1-1. Alzo la testa e vedo che adesso nel pub siamo tutti italiani. Comandiamo noi, urliamo, esultiamo e che ce ne frega del resto che ci circonda. 2 a 1. Estasi. Ancora il tempo per sdraiarmi per terra ed esultare quando la palla non entra, con la montagna che minaccia di cacciarmi fuori ma che me me frega.
È finita, siamo passati. Esco, inizio a correre su e giù per la strada urlando e gli inglesi mi guardano male, qualcuno mi minaccia ma che me ne frega. Nella mia testa c’è la convinzione che sono stato parte anche io di questa impresa. Nessuno potrà togliermi tutto questo. Nessuno potrà denigrarmi. Nessuno potrà offendere più la mia passione, né i bagarini né gli hooligans.
Poi mi fermo su un ponte. Guardo tutta quella gente che torna a casa. Io sono sopra di loro. Ho vinto, il mio amore, la mia passione mi ha dato ragione. Non sarò mai più lo stesso.
Forza Juventus.

Tifosi Juventus a Wembley