Jorginho e Hamsik, quando un nuovo progetto comporta scelte da condividere

Protagonisti e fulcro essenziale del calcio Napoli nell’era sarriana: Jorginho e Hamsik oggi sono in procinto di lasciare squadra e città per riproporsi in realtà e culture diverse. Storie e percorsi diversi che giungono sullo stesso traguardo: una ritrovata identità di gioco che, forse, non avrebbe avuto più un seguito qui a Napoli.

UN SISTEMA DI GIOCO NON CONGENIALE

Acquistato nel gennaio del 2014, il centrocampista italo brasiliano non ha trovato spazi e tempi di gioco idonei al suo modo di interpretare il suo ruolo nella mediana di gioco di Rafa Benitez. Il tecnico spagnolo differenziava molto la fase di possesso da quella di interdizione e recupero palla. Specie per quest’ultima, Jorginho non sempre riusciva ad applicare i suoi fondamentali nel 4-2-3-1 dell’attuale manager del Newcastle. Le motivazioni della sua cessione, oltre alla cospicua plusvalenza ottenuta, sono forse da correlare al nuovo percorso tecnico che si appresta ad intraprendere la società Partenopea con Carlo Ancelotti

SVOLTA TECNICA

Certo, non assisteremo ad una totale rivoluzione, ma quello di Ancelotti sarà un calcio diverso da quello di Maurizio Sarri. L’immaginario del tifoso azzurro avrà parametri diversi dai concetti espressi negli ultimi tre anni: squadra sempre corta in ogni reparto, ricerca dello spazio da occupare, asse triangolare e due tocchi e via. Meno rigidità tattica ma concetti di base che non si discosteranno di molto. La difesa molto alta e la gestione della manovra avranno uno spartito molto simile, la compattezza nello scorrere con tutti gli undici non sarà totalitaria, vivremo di reparti e all’occorrenza di contropiede. Non ci sarà una singola metodica di lavoro, ma, all’occorrenza – in base ad un accurato e strategico turnover – avremo tattiche e moduli di gioco che si alterneranno. Il concetto di titolarità avrà forme e dimensioni del tutto da esplorare per l’abitudinario Partenopeo.

UNA BANDIERA SENZA TEMPO

Capitan Hamsik è un capitolo a parte, parliamo di storia, del simbolo della rinascita del calcio Napoli, quello che ha riportato questa squadra a lottare nuovamente per i vertici. Di un insaziabile legame che Marek ha per questi colori e per questa città. Parliamo di affetto. Smisurato affetto per l’uomo. Per quello che ha dimostrato sul campo da gioco, plasmando corpo e anima per la maglia azzurra senza crucci e senza remore. La volontà espressa di provare nuove esperienze è pari al suo desiderio di restare, ma non posso biasimare le sue perplessità. Non posso criticare lo scetticismo e  l’incertezza nel rimettersi in gioco e affrontare un nuovo progetto.

Un nuovo triennio all’età di 31 anni e 11 di esperienza Napoli. Il calciatore inamovibile per eccellenza potrebbe non risultare più tale, con il rischio di una collocazione tattica poco consona alla sua indole calcistica. Non sentenzio opinioni societarie sull’eventuale vendita perché Hamsik ha un valore affettivo inestimabile e non sarei obiettivo nel mio giudizio. La mia speranza è riposta nella sua consapevolezza. Restare non è un obbligo, e nel calcio odierno non lo è più per nessuno. Marek Hamsik va aldilà della comune logica e razionalità per il popolo napoletano. La sua innata saggezza prevarrà, qualunque sia la scelta. Nella buona e nella cattiva sorte.