Sant'Antimo Debora Galluccio

Sant’Antimo, morte per Covid di Debora Galluccio: i familiari chiedono risarcimento al Cardarelli

Vite interrotte dal Covid, pezzi di quotidianità strappati dalla pandemia e rapporti umani stravolti da un giorno all’altro. Anche quando l’incubo della pandemia sarà finito, sarà difficile per tutti noi tornare a vedere la vita come prima.

Questo perché il virus ha strappato alla vita persone anziane e giovani, senza distinzioni. Come nel caso della 34enne Debora Galluccio, ragazza di S. Antimo, che non ce l’ha fatta a causa di un contagio avvenuto presso l’ospedale Cardarelli di Napoli, dove la giovane era ricoverata per essere sottoposta ad un ciclo di terapie chemioterapiche.

Il dolore con gli anni ha fatto spazio alla rabbia. E oggi i parenti di Debora Galluccio chiedono giustizia.

Il marito della 34enne, Stefano Cesaro, rimasto da solo a crescere tre bimbi, insieme alla mamma, alle sorelle e al fratello della vittima, si sono rivolti al proprio legale, l’Avv. Maddalena de Rosa, per chiedere all’Azienda Ospedaliera Antonio Cardarelli il risarcimento di tutti i danni non patrimoniali e patrimoniali, subiti e subendi, nonché del danno morale, per le responsabilità della struttura sanitaria nei confronti della paziente, ritrovatasi ricoverata in un reparto interessato da un focolaio di infezioni da Covid-19.

In particolare le famiglie Cesaro e Galluccio denunciano l’inosservanza delle più elementari regole igienico-sanitarie e la violazione delle normative di sicurezza in materia di prevenzione e protezione da contagio Covid 19.

“Gravi carenze, non soltanto strutturali, ma soprattutto organizzative e gestionali che, come sarà dimostrato in corso di giudizio, hanno determinato nella struttura un focolaio di infezione da COVID 19, che ha condotto alla morte più pazienti, anche dello stesso reparto”, ha precisato l’Avv. De Rosa.

Anche il parere medico legale, redatto dal Prof. Dott. Maurizio Municinò, non lascia spazio ad alcun dubbio circa la responsabilità sanitaria del contagio, concludendo che “sussistono profili di responsabilità assistenziale a carico dei sanitari dell’A.O.R.N. Cardarelli di Napoli a causa della loro condotta inidonea igienico sanitaria degli ambienti e del personale operante. Debora, che in quanto soggetto immunodepresso richiedeva una maggiore prudenza e diligenza nell’assistenza, contrasse l’infezione da SARS COV2 con conseguente sviluppo di polmonite interstiziale bilaterale, grave insufficienza respiratoria ed exitus da arresto”.

Il marito Stefano, sottolinea: “Debora era malata, ma con l’aiuto dei medici stava migliorando e a breve si sarebbe dovuta sottoporre a cure sperimentali che le avrebbero consentito di crescere con me i nostri figli, purtroppo tutto questo ci è stato strappato. Una orribile beffa, se consideriamo anche i mesi di isolamento a cui è stata costretta in ospedale senza poter vedere i nostri bimbi e tutti noi, quando nel frattempo era possibile per chiunque e in qualsiasi momento accedere all’Ospedale, perfino nelle stanze di degenza posizionate lungo il corridoio.”

“Debora purtroppo non è stata l’unica vittima di quel focolaio. Mi batterò – conclude Cesaro – affinché non ve ne siano altre. Noi abbiamo perso tutto e siamo stati condannati all’ergastolo del dolore, ma nessuna altra famiglia dovrà perdere un proprio caro per l’irresponsabilità di chi, per lavoro e per coscienza, la vita dovrebbe preservarla”.

Edilizia San Bernandin Frattamaggiore