Attentato a Mosca, muore la figlia dell’ideologo di Putin. Kiev respinge ogni accusa

Il padre avrebbe dovuto viaggiare con lei. Secondo gli investigatori sulla macchina era stato piazzato un ordigno esplosivo

Nel mistero più fitto che circonda l’accaduto, tra Mosca e Kiev è cominciato il fuoco di sbarramento delle accuse per l’uccisione di Darya Dugina.

Per il momento, affermano i responsabili delle indagini, si seguono “tutte le piste” sui possibili mandanti ed esecutori dell’attentato in cui su un’autostrada poco fuori Mosca ha trovato la morte la figlia del filosofo Alexander Dugin, che con le sue idee ultranazionaliste è considerato tra i principali ispiratori della politica di Vladimir Putin.

Alexander Dugin, chi è il «Rasputin» del Cremlino. Ecco perché quello alla  figlia è un attacco (anche) a PutinMa fonti filorusse e alcuni media governativi hanno già puntato il dito contro l’Ucraina, che ha risposto negando ogni coinvolgimento.

L’unica cosa su cui concordano diverse fonti, a partire dagli amici della famiglia, è che il vero obiettivo dell’attentato non sarebbe stata Darya, ventinovenne giornalista e analista politica impegnata in prima fila, come il padre, nel difendere quella che in Russia è chiamata l’operazione militare speciale in Ucraina.

Ad essere ucciso dall’ordigno equivalente a 400 grammi di tritolo piazzato sotto il sedile di guida della vettura avrebbe dovuto essere proprio Alexander Dugin. Padre e figlia dovevano rientrare dalla tenuta di Zakharovo, sede di un convegno sul tema della ‘tradizione’ al quale sabato sera era intervenuto il filosofo.

Inizialmente, hanno raccontato i testimoni, i due avevano deciso di rientrare a Mosca sulla stessa automobile, ma all’ultimo momento c’è stato un cambio di programma: il padre Alexander è salito su un’altra vettura e Darya si è messa alla guida di una Toyota Landr Cruiser per far ritorno da sola nella capitale. Cinque minuti dopo, l’esplosione, mentre l’auto percorreva l’autostrada Mozhaisk a tutta velocità nei pressi del villaggio di Bokshiye Vyazemy, 20 chilometri a ovest di Mosca.

Residenti locali hanno riferito che la vettura ha preso fuoco mentre era ancora in corsa per poi schiantarsi contro una barriera. Le prime immagini diffuse sui social hanno mostrato le fiamme, frammenti dell’auto sparsi sull’asfalto e un uomo, apparentemente lo stesso Dugin, accorso sul luogo della tragedia, che osserva la scena con le mani tra i capelli.

Gli investigatori parlano per ora solo di un omicidio “premeditato su contratto”. Ma non si sbilanciano né su chi possano essere i sicari né, soprattutto, i mandanti. Denis Pushilin invece, capo dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, nel Donbass, ha apertamente accusato Kiev, definendo i dirigenti ucraini “vigliacchi infami” e “terroristi”. Proprio nella provincia di Donetsk Darya Dugina si era recata nel giugno scorso, visitando anche la città di Mariupol.

La portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, ha citato le parole di Pushilin, aggiungendo che se tale pista fosse confermata, “allora avremo la conferma della politica del terrorismo di Stato messa in atto dal regime di Kiev”.

L’Ucraina ha subito respinto le accuse. “Non siamo uno stato criminale, a differenza della Russia, e sicuramente non uno stato terrorista”, ha detto Mikhailo Podolyak, principale consigliere del presidente Volodymyr Zelensky. Accuse contro Kiev sono state lanciate anche da commentatori di media russi vicino al Cremlino, alcuni dei quali avevano lavorato con la Dugina.

“L’attacco è stato quasi certamente organizzato dai servizi speciali ucraini, ma non c’è dubbio che hanno agito su istruzioni e nell’interesse delle agenzie anglosassoni”, ha denunciato in un intervento sull’agenzia Ria Novosti l’editorialista Piotr Akopov.

Per il suo sostegno pubblico all’operazione militare russa, Darya Dugina, come il padre, era oggetto di sanzioni varate dalle autorità americane e britanniche. Secondo Londra, Darya era “una fautrice di alto profilo della disinformazione” di Mosca. Mentre il Dipartimento del Tesoro americano la indica come caporedattore del sito United World International, che gli stessi Usa ritengono sia di proprietà di Yevegny Prigozhin, stretto alleato di Putin.

Dopo essersi laureata alla facoltà di Filosofia dell’Università statale di Mosca, Darya Dugina aveva cominciato a collaborare con media filogovernativi impegnati nel sostegno all’immagine del governo russo all’estero, tra cui la televisione Russia Today. Aveva inoltre fornito contributi a siti conservatori sotto lo pseudonimo di Darya Platonova.