Nel 2015, a 15 anni, Shamima Begum era fuggita da Londra insieme a due coetanee per unirsi ai miliziani del Califfato in Siria. Soprannominata la “sposa dell’Isis”, è stata scovata dai media 4 anni fa e catturata, in un campo profughi della zona. I giudici della Special Immigration Appeals Commission hanno respinto oggi l’ultimo ricorso contro la revoca della cittadinanza britannica decisa a suo tempo d’autorità dal governo Tory – non senza controversie – nei suoi confronti. Il verdetto odierno significa che Begum – nata in Inghilterra da genitori originari del Bangladesh, ma cittadina solo del Regno Unito – non potrà tornare nella patria abbandonata adolescente quasi 8 anni fa assieme a due coetanee.
Il provvedimento punitivo, adottato contro di lei nel 2019 per asserite ragioni di sicurezza nazionale dall’allora ministro dell’Interno, Sajid Javid, resta valido e legittimo, stando ai giudici. Secondo gli avvocati difensori, Shamima, minorenne all’epoca della “fuga”, sarebbe stata vittima di una forma di traffico di esseri umani e sfruttamento sessuale da parte dell’Isis. Secondo quanto emerso da una recente inchiesta giornalistica della Bbc, un agente coperto dell’intelligence canadese, avrebbe svolto un ruolo-trappola per far entrare illegalmente in Siria la teenager con le amiche, Kadiza Sultana e Amira Abase. I fatti risalirebbero al 2015, con lo scopo di usare le giovani per raccogliere informazioni a beneficio dei servizi occidentali.