E’ partita in Parlamento la staffetta che porta dritto alla finanziaria 2023 – 2024

 

  • Articolo di Biagio Fusco

Al via in Parlamento la staffetta che porterà all’approvazione della manovra finanziaria 2023 – 2024, il cui iter procedurale – secondo indiscrezioni che provengono dall’interno della maggioranza – dovrebbe concludersi entro e non oltre il 14 dicembre prossimo, almeno questo è lo scenario immaginato come più roseo ed auspicabile, stando alle previsioni che addirittura preannunciano una poco credibile sua emanazione all’insegna della inemendabilità. Alcuni componenti dell’esecutivo non hanno comunque esitato a confermare la notizia, indicando tre strade percorribili per arrivare all’obiettivo. Ebbene, si discute di opzioni che tendono ad avvalorare l’ipotesi di una cosiddetta “ legge mancia ”, ovvero quella alternativa che punta ad una risoluzione contestuale alla legge di bilancio, in verità difficilmente praticabile, poiché richiederebbe una trattativa piuttosto complicata con le opposizioni che sul tema appaiono più agguerrite che mai. Dai grandi nodi legati al salario minimo sino al taglio del cuneo fiscale e così via, la politica economica che interessa il lavoro accende l’animosità del confronto negli esponenti della CGIL, che già paventa il rischio di scioperi, considerando le misure contenute nel provvedimento normativo prossimo all’introduzione nell’ordinamento assolutamente inadeguate rispetto alle esigenze reali del Paese.

La terza via sarebbe quella di un apposito ordine del giorno di cui discutere in Commissione Bilancio al Senato allorchè sarà licenziata la manovra. In tutto ciò sarebbe riemerso, chissà da quali fondali oscuri e nascosti, finanche un modesto tesoretto che ammonterebbe a circa 400 milioni di euro, il quale potrebbe dare opportuna e gradita copertura finanziaria agli interventi programmati a livello locale per il 2024, di cui si avverte un gran bisogno. Ad ogni modo, il Governo a guida Meloni nemmeno comincia a parlare di manovra autunnale che subito monta, anzi prima di quanto obiettivamente ci si potesse aspettare, la polemica sindacale che da un lato rivendica una maggiore incisività nell’indirizzo tracciato dall’esecutivo, soprattutto nelle politiche del lavoro, visto che  “…l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef produrrà comunque benefici pressoché impercettibili.. ”  e che “…la proroga del taglio del cuneo si limita a confermare le buste paga che i redditi fino a 35 mila stanno già percependo, altro che 100 euro medi in più’ come propagandato dalla presidente del Consiglio…”. Sarà dunque un “ novembre caldo “ quello alle porte, non soltanto per le temperature pressochè estive che hanno caratterizzato la ripresa dei lavori in questi due mesi successivi alla pausa delle vacanze di agosto. Dello stesso identico avviso anche la sigla della UIL, che si muove in sintonia con l’ultima assemblea generale convocata dalla omologa CGIL, all’esito della quale si è conferito ampio mandato alla propria segreteria, affinchè si predisponga la organizzazione di eventi di protesta in tutto il Paese, coinvolgendo ogni categoria di lavoratori che si riconosca nel tenore di quelle contestazioni, fino allo sciopero generale, che trova d’accordo anche la CISL, pronta a scendere in campo per valutare in forma e modalità comuni l’avvio di una fase di mobilitazione nazionale.

Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, a conclusione ed a margine dei lavori condotti nell’assemblea si lascia andare a delle dichiarazioni inequivocabili: ” Una manovra sbagliata che non tutela i salari e le pensioni, che non introduce il salario minimo, che non combatte l’evasione, che non tassa la rendita e i profitti, che taglia la sanità pubblica e la scuola. Dovevano cancellare la legge Fornero, peggiorano quella legge, in pensione non ci va più nessuno. Non cancella la precarietà che colpisce in particolare i giovani e le donne, quindi bisogna proseguire la mobilitazione per cambiarla. Ma il confronto politico non è fermo alle reazioni sindacali, dal momento che si infiamma nelle aule istituzionali tra le varie fazioni che non tardano a manifestare rispettivamente il loro consenso ovvero il loro disappunto. Il Movimento grida ad una manovra blindata, che ricorda il modus agendi del ventennio fascista, durante il quale era proibito presentare emendamenti e votarli in assenza di una preventiva approvazione del capo del governo.

E se Matteo Salvini è convinto che la legge di bilancio passerà senza che il centro destra e con esso tutta la maggioranza reputino utile depositare alcuna richiesta di vagliare qualche correttivo al provvedimento nelle sessioni di dibattito, i forzisti assumono un atteggiamento più cauto ed equilibrato, di certo più attento alle dinamiche parlamentari che spesso involgono situazioni che vanno affrontate con maggior aperura e concertazione; ed infatti, FI non esclude che possano essere prese in considerazione alcune proposte migliorative, purchè siano poche e non vengano alterati i saldi e le poste fondamentali della struttura di bilancio. Così si esprime sul punto il vicepresidente vicario dei deputati di Forza Italia e portavoce del partito, Raffaelle Nevi, il quale raggiunto ai microfoni chiarisce la sua posizione politica: “..bisogna evitare la solita quantità di emendamenti bandierina che non hanno nè capo nè coda e non passeranno mai. Bisogna essere seri, ma sul vietare del tutto gli emendamenti sarei in disaccordo, da liberale…”.