Grave allarme dal carcere di Secondigliano: detenute ammassate in condizioni disumane

Emergono gravi denunce dalla sezione femminile del carcere di Secondigliano, dove le detenute, trasferite da Pozzuoli dopo il terremoto di maggio, sono costrette a vivere in condizioni indecenti. Secondo il resoconto di una poliziotta penitenziaria, l’ambiente è infestato da blatte, formiche e topi. La situazione è così critica che l’OSAPP, il sindacato autonomo della Polizia Penitenziaria, ha lanciato un allarme pubblico.

Il segretario generale dell’OSAPP, Leo Beneduci, ha espresso profonda indignazione, parlando di una “vergogna istituzionale”. Dal 18 luglio, infatti, le detenute sono state ammassate in un ex archivio, uno spazio inadatto alla detenzione, e vengono violate norme fondamentali, come la separazione tra diverse tipologie di detenuti, prevista dalla legge 354 del 1975.

La gestione del vitto è altrettanto problematica: il personale di Polizia è costretto a utilizzare un furgone non idoneo per prelevare e trasportare il cibo, in violazione delle norme igieniche e di sicurezza. Anche le condizioni dei bagni e degli spazi per il personale risultano inaccettabili, con bagni senza finestre e mancanza di areazione.

Inoltre, la sicurezza stessa è compromessa. La sorveglianza generale è distante e, in caso di emergenza, l’intervento richiederebbe più di un’ora. L’infermeria, una stanza inadatta, rende impossibile qualsiasi tipo di assistenza medica seria, e i colloqui con i familiari vengono gestiti in condizioni altrettanto precarie.

Le detenute, private di ogni attività rieducativa per mancanza di spazi adeguati, vivono in uno stato di forte agitazione, condannate all’ozio forzato. Un contesto che, secondo Beneduci, rappresenta una violazione dei diritti umani.

L’OSAPP chiede un intervento immediato da parte del Ministro Nordio e del Sottosegretario Ostellari, affinché venga avviata un’ispezione e le detenute siano trasferite in una struttura adeguata. La situazione attuale, conclude Beneduci, rischia di esporre l’Italia a una nuova condanna da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.