Il 5 maggio scorso si è consumata una tragedia che ha spezzato la vita di Sara Romano, travolta da un giovane alla guida di un SUV. Dopo l’incidente, l’investitore è fuggito senza prestare soccorso, lasciando Sara e la sua famiglia in un dolore incommensurabile.
A rendere ancor più amaro questo dramma è stata la sentenza: solo 4 anni di carcere per l’autore del gesto. Una pena che appare inadeguata, quasi a sminuire il valore della vita di Sara e ad acuire il senso di ingiustizia provato dai suoi familiari.
Questa vicenda richiama l’urgenza di una riflessione profonda sulla legge sull’omicidio stradale. Gli atti di chi guida sotto l’effetto di alcol o sostanze stupefacenti, violando palesemente le regole e scegliendo poi la fuga, devono essere equiparati all’omicidio volontario. Si tratta di condotte che dimostrano una chiara mancanza di rispetto per la vita umana, e il sistema giudiziario non può continuare a trattarle come reati minori.
Ogni anno, troppe persone perdono la vita a causa di comportamenti irresponsabili sulla strada, e altrettante famiglie rimangono devastate. È necessario un segnale forte: pene più severe, che restituiscano dignità alle vittime e offrano un senso di giustizia alle loro famiglie.
Sara Romano non è solo una vittima. La sua storia è un simbolo della necessità di un cambiamento, affinché tragedie come la sua non si ripetano. Cambiare la legge non potrà restituirle la vita, ma potrebbe impedire che altre famiglie vivano lo stesso strazio e si sentano tradite dalla giustizia.
Uniti, possiamo trasformare il dolore in azione. Per Sara, per i suoi cari, per tutte le vittime dell’omicidio stradale. La sua morte non deve essere vana.