I possibili successori a Papa Francesco, Gugerotti, Parolin e Pizzaballa

Parlare di papabili prima di ogni Conclave può risultare un esercizio rischioso persino all’interno del Collegio Cardinalizio viste le innumerevoli variabili che intervengono – l’età, la provenienza, lo stato di salute, le opere, la coscienza e persino il peso dell’opinione pubblica – oltre gli imprevisti che possono affiorare durante i conciliaboli e le votazioni.

In quei momenti di clausura si smontano e rimontano candidature, fino a non trovare la quadra e raggiungere il quorum indicato dalla costituzione apostolica Universi dominici gregis. Saranno ora i novendiali e le conversazioni fra i cardinali, come sempre, a definire l’agenda del prossimo pontefice intanto la lunga esperienza dei curiali, anche in questo momento, ricorda con una certa ironia che chi entra in Sistina da Papa poi ne esce cardinale.

Una battuta che non si può certo applicare, per esempio con Montini, il futuro Paolo VI designato da Papa Roncalli. Secondo lo storico della Chiesa, Alberto Melloni – che al Conclave ha dedicato lunghi studi – oggi più che concentrarsi sui nomi dei papabili sarebbe utile capire l’agenda sulla quale i cardinali sceglieranno il successore .

«Perché quell’aspetto – ha fatto notare Melloni – è molto meno straordinario ma forse resterà e, come si è visto con l’agenda anti italiana e anti curiale degli elettori di Francesco, spiega le tendenze più profonde di un governo pontificio sia perché chi vota il nuovo papa pensi dopo poco di aver scelto l’interprete sbagliato di una partitura che condivideva o addirittura di essere stato ingannato da chi ha portato quell’interprete alla soglia dei due terzi di voti».

Gli elettori si dovranno confrontare su un ventaglio davvero ampio di sfide, alcune delle quali accennate da Francesco, altre nuove. Il nodo principale da affrontare resta il futuro del cattolicesimo in Occidente dove ha perso mordente. La gente non va più in chiesa, i bambini che nascono non vengono nemmeno battezzati e soprattutto non si ha più contezza di quello che sia la trasmissione della fede.