Ponte sullo Stretto, il Quirinale impone lo stop alla deroga antimafia voluta da Salvini

Gelo tra il Quirinale e il governo Meloni, con un nuovo fronte di tensione che coinvolge direttamente il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiesto e ottenuto una modifica sostanziale al decreto Infrastrutture approvato il 19 maggio dal Consiglio dei ministri, intervenendo sul nodo più delicato: la deroga ai controlli antimafia per il progetto del ponte sullo Stretto di Messina.

Il decreto, fortemente sostenuto da Salvini, aveva l’obiettivo di accelerare la realizzazione di opere strategiche, migliorare la gestione dei contratti pubblici e valorizzare il patrimonio demaniale, in linea con gli impegni del PNRR. Tra le misure previste, un articolo affidava esclusivamente al Ministero dell’Interno la competenza per i controlli antimafia relativi al ponte, escludendo le procedure ordinarie previste per opere pubbliche di simile portata.

Questa disposizione è stata però considerata inopportuna dal Quirinale. I tecnici della Presidenza della Repubblica hanno evidenziato che le deroghe ai controlli antimafia sono giustificabili solo in situazioni eccezionali, come eventi di portata straordinaria da organizzare in tempi brevi – non è questo il caso dell’infrastruttura sullo Stretto, la cui conclusione è prevista per il 2032.

Durante la conferenza stampa seguita al Consiglio dei ministri, sia Salvini che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi avevano difeso la norma, spiegando che i controlli sarebbero stati centralizzati in un dipartimento interno al Viminale, con l’intento dichiarato di rafforzare la prevenzione dei reati e replicare il modello anche per eventi futuri come le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina o per la ricostruzione post-terremoto.

Ma il Colle ha posto un limite chiaro: niente scorciatoie sui controlli antimafia per il ponte. Una decisione accolta con imbarazzo e irritazione all’interno del Ministero delle Infrastrutture.

Secondo quanto trapela, la Lega non esclude di rilanciare la norma sotto forma di emendamento in sede parlamentare, aprendo un possibile scontro istituzionale con il Quirinale, che potrebbe segnare un ulteriore punto di frizione tra Salvini e il resto della maggioranza.