ROMA – “Il vostro trofeo più bello… il campionato. Il nostro… Esposito ammazzato.” Sono queste le parole comparse nelle scorse ore su un muro di un palazzo romano. Una frase terribile, un insulto indegno che torna a infangare la memoria di Ciro Esposito, a undici anni dalla tragedia che sconvolse l’Italia.
Un gesto spregevole, un attacco frontale alla dignità di una vittima innocente, un ragazzo che aveva solo il desiderio di assistere a una partita di calcio e che, invece, perse la vita in modo assurdo e brutale.
È difficile trovare le parole per descrivere un simile atto, tanto vile quanto inaccettabile. Da undici anni, una famiglia vive con un dolore che non conosce pace, mentre Napoli continua a ricordare uno dei suoi figli strappati alla vita da un crimine senza senso.
Eppure, certi episodi si ripetono. Non è la prima volta che messaggi d’odio come questo compaiono sui muri della Capitale. Frasi come “Ciro morto e…” o “Daniele De Santis figlio di Roma” sono già apparse in passato, a dimostrazione di quanto l’odio possa essere cieco e persistente.
La Capitale d’Italia è scivolata ancora. Un’altra volta. E questo non può più essere tollerato. È ora che si intervenga, che le autorità competenti – Digos in primis – agiscano per individuare i responsabili. Perché la memoria di Ciro Esposito non può e non deve essere calpestata ancora.