Articolo di Federica Moccia– Dall’inizio del dominio Red Bull, si è iniziata a vedere una netta differenza tra prima e seconda guida. Max Verstappen, 4 volte campione del mondo, appariva come un’entità irraggiungibile, un qualcosa di intoccabile. Era forse Sergio Perez, suo compagno di squadra per quattro anni, inadeguato? O è il secondo sedile ad essere come maledetto? Nel corso degli anni, si è sempre notata una certa rivalità tra i diversi piloti della Red Bull: come dimenticare le liti tra Daniel Ricciardo e Max Verstappen o quelle tra Jenson Button e Sebastian Vettel?
È un difficile confronto, tanto che la Red Bull stessa, come più volte ripetuto da Helmut Marko, non fissa come target quello di eguagliare o battere il loro pilota d punta, ma solo di rimanere entro un delta di performance accettabile, capace di garantire punti in ottica classifica costruttori, dove il team di Milton Keynes sta di fatto lottando con una sola vettura.
Questa è la ragione che, a inizio anno, dopo solo due Gran Premi, ha spinto Red Bull all’ennesimo cambio in corsa, sostituendo un Liam
Lawson, giovane pilota della Nuova Zelanda, in difficoltà con lo stesso pilota che aveva scartato nemmeno cinque mesi prima:
un cerotto su una ferita ancora aperta, nella speranza che, magicamente, una soluzione rapida e a portata di mano potesse risolvere un problema decisamente più ampio.
Il caso di Yuki Tsunoda, promettente pilota giapponese che si è sempre mostrato fedele al progetto Red Bull dal suo anno di debutto in Formula1 con la Alphatauri, è il più lampante, perché dieci punti in sette gare non sono certo il bottino che il team si aspettava, ma offre l’opportunità di osservare e analizzare più a fondo la sua transizione verso la Red Bull e come, sull’altra sponda, Lawson stia tentando di ricostruire quelle certezze perse in pochi mesi lontano da Faenza
Tsunoda in RedBull: un sogno avverato, ma a quale costo
Tsunoda sognava l’opportunità Red Bull da molti anni, per cui era comprensibile l’entusiasmo che aveva accompagnato le sue prime dichiarazioni, tanto da rimarcare come, al simulatore, uno strumento che a Milton Keynes da tempo mostra spesso differenze di correlazione, il suo feeling con la RB21 fosse buono e che sperasse nel podio a Suzuka.
Il problema è che, sulla RB21, sta incontrando le medesima difficoltà di chi l’ha preceduto: confrontarsi con una macchina che va portata e padroneggiata al limite per estrarne il potenziale, mettendone in risalto soprattutto le criticità nella gestione. Sebbene sia vero che nelle ultime tre gare non abbia avuto tutte le ultime novità, dato anche il preoccupante incidente a Imola, il trend racconta indicazioni interessanti. La machina sembra adattarsi perfettamente al tipo di guida di Verstappen, ma risulta impossibile da gestire per gli altri.
Il breve periodo di Lawson alla Red Bull ha messo in luce due aspetti principali: prestazioni sottotono e notevoli difficoltà nel sfruttare appieno il potenziale della vettura. Non sorprende che i sui giri più veloci raramente arrivassero nell’ultimo tentativo, poiché nel cercare di spingersi al limite, la RB21 rivelava il suo carattere mutevole e imprevedibile.
L’incidente di Imola è il più significativo, proprio perché causato dal fatto di aver sottovalutato l’imprevedibilità della RB21. Un incidente che, a suo avviso, non sarebbe mai accaduto con la Racing Bulls, che ormai per lui era quasi una seconda pelle, come dimostrano le grandi qualifiche in Brasile, dove si era assicurato il terzo posto.
Lawson nella VCARB: un posto dove poter crescere
Non è un mistero che la Racing Bulls sia una vettura sì veloce tra i team di centro gruppo, ma soprattutto facile da portare al limite, cosa evidente soprattutto nelle mani di Isack Hadjar, un rookie che sta continuando a sorprendere e che al momento si trova in una migliore posizione del campionato rispetto agli altri due. Dall’altra parte del box, però, Liam Lawson sta faticando: non conoscendo bene la vettura, non riesce a fidarsi di essa de tuto, a portarla al limite e a performare come lui vorrebbe. Se si osservano i dati, anche escludendo il Bahrain (dove ha patito un problema con il DRS), in qualifica il gap medio da Hadjar è stato di circa tre decimi e mezzo, che nella Formula1 corrisponde a una vita. Solo in un weekend Lawson è stato più rapido, in Arabia Saudita, non riuscendo però a centrare i punti, complice anche una penalità. L’unico weekend in cui ci sarebbe riuscito è quello di Monaco, dove sono arrivati i primi punti. Anche in quel caso, però, il gap dal compagno di squadra fu di circa due decimi.
Come ammesso da Lawson, la qualifica non è stato il suo punto forte quest’anno, e i risultati lo confermano. Ma quei tre decimi medi pesano moltissimo a centro gruppo, dove le squadre sono molto ravvicinate. Anche con un buon passo gara, risalire diventa complesso, per cui è evidente che serva un deciso passo in avanti. Il suo futuro non sembra più così saldo.
C’è però un dato curioso: osservando i migliori tempi in termini assoluti (escludendo Bahrain per Lawson e Imola per Tsunoda), la differenza tra i due è di soli due decimi, cioè inferiore a quella tra Lawson e Hadjar. Un dato non del tutto sorprendente, se si considera che Lawson è scattato davanti a Tsunoda in 4 occasioni da quando si sono scambiati i sedili, a conferma di quanto la RB21 sia una macchina difficile.
Adattarsi o smarrirsi, perché anche lo stesso Giappone sta attraversando una fase complessa. La difficile qualifica in Spagna, a cui non ha trovato una risposta, è l’esempio lampante: nonostante vai prove, non è riuscito a venire a capo del problema sentendosi smarrito, chiudendo all’ultimo posto, data una mancanza di grip.
Paradossalmente, le situazioni di Lawson e Tsunoda sono simili, ma anche profondamente diverse, due facce della stessa medaglia, destinati ad un grande successo o ad un profondo falimento.