Giulio Giaccio, ucciso e sciolto nell’acido a 26 anni: a Napoli sta per chiudersi il processo d’appello

A venticinque anni dall’omicidio di Giulio Giaccio, si avvia alla conclusione il processo di secondo grado davanti alla Corte d’Assise d’Appello di Napoli. Una vicenda brutale e ingiusta, che ha lasciato una ferita aperta nella memoria collettiva e, soprattutto, nella vita della famiglia Giaccio. Giulio, appena 26 anni, fu sequestrato, ucciso e sciolto nell’acido il 30 luglio del 2000: vittima di uno scambio di persona e di una vendetta criminale sbagliata.

Secondo le indagini, fu il clan Polverino a decretarne la morte. I killer, convinti che Giulio fosse l’amante della sorella di Salvatore Cammarota  affiliato al clan lo prelevarono e lo giustiziarono con un colpo di pistola alla nuca. Per cancellare ogni traccia, sciolsero il suo corpo nell’acido, una pratica disumana tristemente nota nei contesti mafiosi.

A processo ci sono tre imputati: Salvatore Cammarota e Carlo Nappi, entrambi condannati in primo grado a 30 anni di reclusione, e Roberto Perrone, collaboratore di giustizia, condannato a 10 anni. Fu proprio Perrone, con le sue confessioni, a riaprire le indagini e a consentire la ricostruzione completa della vicenda.

Durante l’ultima udienza, la Procura generale ha chiesto la conferma delle condanne per Cammarota e Nappi. Per Perrone, invece, è stata richiesta una riduzione di pena, riconoscendone la collaborazione determinante. Ma la vera novità del procedimento di appello è la richiesta, per la prima volta, del riconoscimento dell’aggravante mafiosa, fino ad oggi mai applicata al caso.

Il processo è ormai alle battute finali, ma l’eco dell’orrore non si spegne. Giulio Giaccio non aveva colpe, non aveva legami con la criminalità organizzata: era semplicemente un giovane uomo, finito nel mirino sbagliato di una camorra feroce e priva di scrupoli.

A distanza di 25 anni, resta la rabbia e il dolore per una vita spezzata troppo presto. Il procedimento in corso non potrà restituire Giulio alla sua famiglia, ma potrà  forse restituire un briciolo di giustizia a chi ha vissuto sulla propria pelle l’assurdità di un delitto tanto efferato quanto privo di senso.