Renzi fa saltare il tavolo, stavolta però manda in frantumi il Terzo Polo

di Biagio Fusco – Il Partito Unico, del quale si è discusso a lungo nel recente passato rispetto alla propria composizione di elementi e risorse intellettuali e soprattutto alla natura sostanziale del suo credo politico, salvo dietrofront ai quali la politica italiana comunque ci tiene costantemente avvezzi, resterà un miraggio e basta, un sogno non realizzato benchè tirato fuori dal “ cassetto “, insomma un semplice proposito che rimarrà ingabbiato nelle intenzioni; se buono, ce lo avrebbe detto la storia. Tutto ciò avviene nel caos più totale, intriso della solita polemica becera, come quando due promessi sposi decidono di separare le proprie strade, tirandosi dietro la testa piatti, bicchieri, quadri e suppellettili. Eh sì, pare proprio che il Terzo Polo sia giunto al capolinea senza aver nemmeno compiuto un passo significativo, con Renzi e Calenda che in questi giorni stanno mettendo in piedi uno spettacolo, dietro il quale probabilmente giaceva l’anima occulta di una sceneggiatura già scritta e programmata, almeno per uno di loro (ed è in dubbio per chi dei due), ad ogni modo dai contenuti e dai toni che stanno oltrepassando i livelli della normale accettabilità, poichè lo scambio di battute è sicuramente al vetriolo, condito da epiteti poco edificanti ed alquanto offensivi sul piano personale, quel tanto che serve a disorientare l’opinione pubblica ed a travisare le reali ragioni del dissidio, o meglio della fine dell’idillio.  

Renzi attacca così: “ Calenda è pazzo, ha sbagliato pillole ”. Calenda non accenna a smorzare la tensione e senza mandarle a dire gli replica seccamente: “ Queste volgarità nascondono un nervosismo esagerato. Semplicemente hai provato a darci una fregatura e sei stato rispedito al mittente. Questa volta lo #staisereno non ha funzionato. Fine “. Ma – si sa – il senatore leader di IV è stato sempre guardato come politico molto abile e scaltro nel rimescolare le carte sul tavolo da gioco, al momento opportuno e soprattutto propizio per qualche scelta di campo importante. Stavolta lo fa arretrando il passo con una poco credibile smentita rivolta a chi (social network, siti web di informazione e testate giornalistiche a tiratura nazionale) gli attribuisce la paternità di quelle esternazioni, malgrado egli si sforzi di disconoscerne il destinatario. “ Interrompere il percorso verso il partito unico è una scelta unilaterale di Carlo Calenda. Pensiamo che sia un clamoroso autogol…In queste ore ci sono polemiche inspiegabili dentro il Terzo Polo. Ne sono molto dispiaciuto anche perché non vedo un motivo politico per la rottura…Ieri Azione ha presentato un documento, a noi va bene con piccole modifiche assolutamente accettabili. Le abbiamo pubblicate: i vecchi partiti si sciolgono con l’elezione del segretario nazionale del partito unico. Se Calenda ci sta, noi firmiamo. Se Calenda ha cambiato idea, lo rispettiamo e ne prendiamo atto “, queste le precisazioni strategiche di Renzi che tenta faticosamente di scrollarsi di dosso il pesante fardello di essere considerato il delatore che in modo voluto ha mandato in frantumi il Terzo Polo.

L’ex Premier, però, difende a denti stretti l’esperienza della Leopolda, che dal 2010 – secondo lui – rappresenta un momento unico di confronto critico, anche in termini generazionali e storici, tra le diverse vedute di un dibattito che vivacemente ha il dovere prioritario di avvicinare le persone alla politica italiana per contrastare l’avanzare di populismi e sovranismi in tutta l’Europa. Dall’altra sponda del Rubicone il leader di Azione avverte la necessità anch’egli di fare le doverose puntualizzazioni del caso e ha premura di focalizzare la propria attenzione sul percorso fatto sin qui dal proprio partito, il quale si è mostrato agile e performante nella celebrazione a livello comunale, provinciale e regionale di tutte le assemblee congressuali, così come altrettanto chiaro e risoluto nell’assumere l’impegno che portasse subito allo scioglimento nella prospettiva di confluire con tutto il proprio asset politico nel partito unico in vista delle prossime europee. La proposta di Azione aveva – secondo Calenda – tutte le chance per non rivelarsi una scatola vuota ed aggiuntiva, anzi sarebbe stata essa capace di mostrarsi con quei requisiti minimo sindacali di democrazia e contendibilità, di cui dovrebbe essere dotata una qualsiasi sintesi moderna di valori e principi, che si ispirino al mutuo dialogo, all’accoglienza, al pluralismo, alla inclusività ed alla impostazione progressista. In un tweet di Carlo Calenda, che si è sempre detto disponibile alla costruzione di uno spazio politico che risponda in termini di dimensioni ad un grande e coerente progetto, si leggono parole laconiche e caustiche all’indirizzo di Matteo Renzi: “ Il partito non lo riusciremo a fare, perché Renzi non lo vuole fare.. vuole tenersi soldi e partito di Italia Viva… Renzi, tornato alla guida di Italia Viva da pochi mesi non ha alcuna intenzione di liquidarla in un nuovo partito. Scelta legittima ma contrastante con le promesse fatte agli elettori… ”.