Servillo incontra Jouvet: lo spettacolo “Elvira” al Teatro Bellini

Ogni esecuzione richiede uno sforzo” è con queste cinque parole che si potrebbe racchiudere tutto il senso di Elvira Jouvet 40, spettacolo in scena al Teatro Bellini di Napoli fino al 20 gennaio 2019.

Alla regia il grande Toni Servillo che riprende, nella nuova traduzione di Giuseppe Montesanto, il testo del 1986 scritto da Brigitte Jaques-Wajeman sulla base delle 7 lezioni di una delle figure più importanti del cinema e del teatro francese: Louis Jouvet.

Le lezioni, impartite a una giovane laureanda che aveva difficoltà nell’interpretazione di Elvira (sposa del Don Giovanni di Molière), diventano il pretesto per parlare dell’intelligenza del teatro, quella che non ha niente a che vedere con gli intellettuali bensì con la capacità di capire, di provare e soprattutto di sentire.  “Recitare – come insegna Jouvet alla sua allieva Claudia e come ripete Servillo alla giovane Petra Valentini è infatti l’arte di smuovere la propria sensibilità per trovare nuove strade, nuove voci, nuovi punti di partenza”.

Tutto il “dramma” si basa, quindi, sui tentativi di rappresentare adeguatamente un’unica scena: la 6 dell’atto IV della tragedia di Molière, quando cioè donna Elvira si presenta per l’ultima volta dal suo amante non per accusarlo dei torti subiti, ma per avvertirlo delle conseguenze nefaste che avrà (soprattutto su di lui) il suo comportamento non curante ed egoista.

Rompendo la barriera tra attori e spettatori perché “lo spettatore deve provare sempre quello che prova l’attore”, il maestro Servillo si eleva come un gigante anche quando, con umiltà, si pone allo stesso livello della platea. Lo spettacolo, infatti, si compie in un continuo salire e scendere da un palcoscenico volutamente scarno e scevro da qualsiasi fronzolo o abbellimento pacchiano. L’unica cosa che conta è la potenza del sentimento che riesce a passare allo spettatore quando il maestro urla, quando sussurra e anche quando resta in silenzio. Del resto, il semplice camminare è già un’azione e l’attore deve compierla consapevole di ciò che il suo personaggio prova.

Nel flusso di immedesimazione dell’attore nel proprio personaggio non sono ammesse pause, e neanche nei 70 minuti dello spettatore nell’attore ce ne sono. Le prove sono scandite esclusivamente da date, brevi blackout non privi di significato: è il 1940 e mentre Elvira urla teneramente al suo Don Giovanni “Salvati”, fuori dal teatro impazza la seconda guerra mondiale.

Lo spettacolo non ci sarà: Claudia, la sua interprete, è costretta a lasciare Parigi perché ebrea. Resteranno le lezioni, anche l’ottava: l’esilio volontario di Louis Jouvet.

Dopo una tournée internazionale che ha interessato i teatri più prestigiosi al mondo, Elvira Jouvet 40 torna a Napoli e si presenta così come uno spettacolo imperfetto, perché –  nel senso latino del termine –  non finisce, non conclude quel che ha da dire, ma è destinato a ripetersi nel tempo come si ripetono i drammi di donne come Elvira, come Claudia, come tutti gli attori che – anche loro malgrado – consegnano un messaggio.

Servillo incontra il pubblico

Servillo ha dichiarato tra le altre cose, che vuole portare la sua Elvira sul grande schermo, ma – pur curiosi del risultato – non ci resta che suggerire di cogliere quel messaggio lì dove è nato: a teatro.

Intanto il grande attore afragolese racconterà, fuori dal palco, il suo Louis Jouvet in due occasioni:

  • Domenica 13 gennaio,  al Grenoble (Institut Français di Napoli, via Crispi, 86)  in seguito alla proiezione (in anteprima italiana) del film La scene Jouvet di Benoit Jacquot (ore 20).
  • Sabato 19 gennaio, al termine dello spettacolo al Bellini e alla proiezione del film documentario IL TEATRO A LAVORO di Massimiliano Pacifico. Il film è stato presentato in anteprima alle giornate degli autori del Festival di Venezia lo scorso settembre e, insieme a Toni Servillo, parteciperanno all’incontro il regista e il resto del cast.