Concorsi Universitari

Concorsi e università: l’ennesima falla nel sistema di reclutamento

di Fabio D’Angelo – Le indagini condotte dalla Procura di Firenze a partire da ottobre 2019, che hanno avuto una svolta agli inizi di marzo 2021, sull’esito controverso di un concorso universitario per l’accesso al ruolo di associato all’ospedale Careggi portano ancora una volta alla ribalta uno dei mali che da lungo tempo affligge l’accademia italiana: la gestione clientelare e familistica delle carriere.

A destare sospetto, una lettera anonima in cui, oltre ad evidenziare l’esistenza di un sistema capace di creare bandi ad hoc e di pilotare le selezioni, si individuavano, prima che le commissioni fossero insediate e le prove espletate, i nomi di undici vincitori di altrettanti concorsi. E in nove le previsioni hanno trovato conferma.

Il reato ipotizzato dalla Procura è di associazione per delinquere finalizzata all’abuso di ufficio e corruzione e vede coinvolti trentanove indagati tra i quali il rettore dell’Università di Firenze Luigi Dei e il direttore generale dell’ospedale Careggi Rocco Damone.

Quanto accaduto nel capoluogo toscano è però soltanto l’ultimo triste episodio di un sistema di reclutamento che mostra evidenti falle. Un sistema in cui il merito, le conoscenze e le competenze passano evidentemente in secondo piano lasciando invece spazio alla capacità dei candidati di intrattenere le giuste relazioni e creare contatti utili a garantirsi un posto nell’accademia italiana.  

Un modus operandi che non caratterizza uno specifico settore scientifico-disciplinare, come ad esempio quello di medicina nel caso del concorso fiorentino. Ovunque in Italia è possibile infatti fare previsioni sull’esito di un bando – non soltanto per ricercatore e professore associato o ordinario, ma anche per assegnista di ricerca – e non avere il timore di essere smentito. La prassi oramai ampiamente consolidata e culturalmente impossibile da scardinare prevede che il concorso sia confezionato su misura del candidato interno che, dopo anni di angherie, difficoltà e sofferenze, riesce a coronare il sogno di ottenere una cattedra o una borsa di studio. 

Un altro episodio sembra alimentare questa supposizione. Alla fine del 2019 presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze è stato emanato un bando per l’attribuzione di un incarico di ricercatore in storia della scienza e della tecnica. Una procedura la cui regolarità è stata messa in discussione dal TAR per la Toscana che ha pronunciato l’ordinanza n. 594 annullando l’esito della selezione e chiedendo la nomina di una nuova commissione. Un provvedimento che conferma come ancora una volta il merito non sia considerato requisito imprescindibile. Infatti, in presenza di un candidato con una lunga carriera ed esperienza, un’abilitazione scientifica nazionale al ruolo di professore ordinario, numerosi articoli, saggi in volume e monografie, la nomina del vincitore è ricaduta impropriamente su uno studioso meno titolato.

È un caso però che i due episodi abbiano visto coinvolta l’Università di Firenze. Ad oggi è innegabile che in tutta Italia un bando venga pubblicato perché già definito a priori un vincitore. Una situazione che oltre ad essere evidentemente illegittima non fa altro che ampliare il discredito sull’accademia italiana.

Un mal costume, quello dei concorsi universitari italiani, che poche volte viene denunciato. Il rancore e la rabbia degli esclusi vengono troppo spesso soppressi poiché si sceglie, seppur a malincuore, la strada del silenzio se non addirittura dell’omertà. È questa l’unica possibilità per continuare a coltivare un desiderio per cui si sono spese energie, psicofisiche ed economiche. Denunciare significherebbe perdere ogni speranza di incarico accademico e soprattutto non sortirebbe alcun effetto. 

Uno piccolo spiraglio nella direzione opposta viene dall’attività dell’associazione Trasparenza e Merito. L’università che vogliamo, fondata e presieduta dallo storico contemporaneista Giambattista Scirè, vittima di un concorso truffa all’Università di Catania la cui irregolarità è stata accertata dopo una lunga battaglia giudiziaria. Si tratta tuttavia di una piccola crepa in un muro difficile da abbattere. Per riuscirci sarebbe necessaria una riforma che stravolga integralmente il sistema di reclutamento universitario: concorsi nazionali, commissioni sorteggiate, aumento dei posti a bando. Sarebbe pure indispensabile che i ricercatori esclusi ingiustamente avessero un moto di ribellione culturale, trovando la forza di denunciare e non restare in silenzio.