Freddy Rincon

Morto l’ex calciatore del Napoli Freddy Rincon

Non ce l’ha fatta Freddy Rincon: l’ex centrocampista del Napoli e del Real Madrid e capitano della Colombia negli anni 90, è morto a 55 anni in seguito a un incidente stradale avvenuto a Cali, in Colombia. Era stato ricoverato lunedì nella clinica Imbanaco Grupo Quironsalud in condizioni critiche, dopo una violenta collisione tra un autobus e il furgone su cui viaggiava.

La scomparsa di Freddy Rincon riconduce inevitabilmente i ricordi a un tempo lontano e colorato, gli anni ’90 dei “Cafeteros”, quella nazionale, la Colombia, che riuscì a far innamorare di sé chiunque amasse il calcio inteso come gioco, addirittura un sollazzo da coltivare insieme, gioiosamente, come personaggi di un romanzo di Gabriel Garcia Marquez che all’improvviso scoprono un posto incantato.

“El Coloso”, “Il Colosso”, come lo chiamavano per via del fisico scultoreo, aveva il passo da pantera e il tocco felpato, correva quasi senza sforzo e – sostenuto da quel fisico possente: 190 centimetri per più di 80 chili – faceva dell’inserimento in area avversaria il suo pezzo forte. Univa velocità e potenza, il limite – probabilmente – era la poca lucidità in area avversaria. Nessuno seppe mai con certezza in che ruolo giocasse, ed è la verità: stazionava in mezzo al campo, per definizione mezzala d’attacco, ma anche tornante all’occorrenza, persino regista avanzato o seconda punta. Ha avuto una carriera lunga (18 anni), giocando in Colombia, Spagna (Real Madrid), Italia (Napoli) e Brasile (Palmeiras, Santos, Cruzeiro e Corinthians, ultima squadra prima di tentare senza tanta fortuna la carriera di allenatore). Oggi sarebbe stato definito un centrocampista “box to box”. Preferiva trovare egli stesso la posizione in campo, con quell’istinto di chi è cresciuto per strada e sa riconoscere i cambi d’umore di ogni partita.

A Napoli giocò una sola stagione, campionato 1994-95, chiuso con un 7° posto. Gli stranieri erano Rincon, il francese Alain Boghossian e il brasiliano Andrè Cruz; ma lo zoccolo duro era formato dagli italiani, Cannavaro e Pecchia, Politano e Pari, Bordin e Agostini. Rincon chiuse l’anno con 27 presenze e 7 reti, secondo miglior marcatore della squadra, insieme a Cruz e dopo il “Condor” Agostini. Freddy abitava a via Nevio, al quarto piano di un palazzo dove vivevano anche altri calciatori. Non fu semplice adattarsi ai ritmi italiani, quando arrivava all’allenamento Freddy aveva sempre la palpebra a mezz’asta, zavorrata dalla stanchezza della notte passata chissà dove. In campo però si trasformava, era un trascinatore nato. Che affrontava a muso duro ogni questione. Come quella volta a un’ora della gara di Coppa Uefa contro il Boavista. L’allenatore dell’epoca, Vincenzo Guerini, annunciò la formazione: “In attacco Benny Carbone e Rincon”. Freddy sbuffò platealmente, poi si alzò e disse davanti a tutti: “Non hai ancora capito che in attacco non devo giocare io? Se vogliamo vincere deve giocare il Condor Agostini. E io dietro di lui”. Guerini non la prese bene – “L’allenatore sono io e decido io” – e Rincon, per nulla intimorito, fece un passo verso di lui. La tensione era altissima. Si guardarono storto, ma era arrivata l’ora di scendere in campo e la rabbia di entrambi sbollì.

FONTE GAZZETTA DELLO SPORT

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