La discrezionalità del Var è il paradosso per eccellenza

La Var, tecnologia del disappunto. Colei che, come dichiarato dal designatore della serie A, Nicola Rizzoli, si prefigge l’unico obiettivo di riportare correttezza e giustizia nel calcio. Ribadendo il concetto per cui se un arbitro si sente protagonista del gioco non ha capito niente del suo mestiere ma che alla fine lascia il concetto di discrezionalità dell’arbitro. La discrezionalità su una definita norma rischia di diventare il paradosso per eccellenza. Un concetto arbitrariamente forzato, perché la stessa discrezione dovrebbe essere disciplinata dalla norma in essere. Una tecnica che era stata prima adottata per ridare lustro e veridicità al calcio italiano ma che oggi giorno rischia di diventare sempre più una chimera.
Dal voler instaurare trasparenza, simultaneità e autotutela si è finiti al cambio di rotta dell’IFAB,  con la sottile, ma significativa, modifica del protocollo dell’intervento del Var in chiaro ed evidente errore.

Ma in fondo perché affannarsi tanto, il calcio è solo un gioco o sbaglio?

Perché tirare in ballo le norme del diritto amministrativo?

Perché scomodare lo stato di diritto del cittadino italiano?

Perché arrivare a prendersi la ramanzina anche dal Pm Raffaele Cantone – ospite al convegno di diritto amministrativo tenutosi all’ Istituto Suor Orsola di Napoli, indetto dal professore Guido Clemente – e sentirsi dire che in una città come Napoli provare a fare il paradigma dello stato di diritto sulle questioni del calcio è assolutamente ridicolo. È una città che ha problemi enormi, lo stato di diritto purtroppo non è dato in centomila occasioni. Ma teniamo gli argomenti nella giusta dimensione. Lo stato di diritto col calcio non c’entra assolutamente nulla”.

Certo, perché continuare a commiserarsi per 11 uomini che corrono in mutande e danno calci ad un pallone quando in seno alla nostra città abbiamo il fardello della criminalità organizzata? Lo stato di diritto dobbiamo rivendicarlo contro i soprusi della vita reale, non per queste fandonie.

In pratica è come se il dott. Cantone ci dovesse ricordare un qualcosa di cui non avevamo più a mente o che avessimo dimenticato. E io di questo gliene sono grato, e penso che gliene sia anche chi rivendicando tale diritto svegliandosi la mattina si è ritrovato la propria attività commerciale distrutta da qualche ordigno per essersi ribellato al ‘pizzo’, e che, magari, in cuor suo, aveva la speranza che dopo un secolo di calcio l’avvento della Var gli avrebbe ridato un minimo di giustizia quantomeno sulla sua passione sportiva. Gliene sarà grato anche chi ha al collo il cappio del debito strozzino, o quello legalizzato dell’agenzia delle entrate, dell’onesto contribuente che tutto dà e poco riceve. Chi fugge dalla repressione di uno stato sociale assente e riversa il suo sfogo durante quei 90 minuti di gara, alla ricerca di quei diritti che quotidianamente gli vengono sottratti

Il dottor Cantone, ricordando perfettamente la partita di San Siro tra Inter e Juventus, conclude: “Non penso che gli errori arbitrali abbiano inciso sulla vittoria della Juventus, l’Inter non l’ha persa nemmeno per la mancata espulsione di Pjanic, perché Spalletti sostituì Icardi,
sostituzione che si rivelò decisiva. Il Napoli è crollato psicologicamente, lo ha detto anche Sarri: la partita era stata persa guardando la televisione. Basta fare i piagnoni, Napoli la smetta di avere quest’approccio provinciale. Il Napoli ha perso lo scudetto perché è crollato psicologicamente a Firenze, non per errori arbitrali, è giunto il momento di fare operazione verità”

Come dargli torto, la squadra era decisamente caduta nel vortice della depressione, d’altronde, appena sette giorni prima, avevamo battuto la prima della classe tra le propria mura. Ma ancor di più, come dimenticare la marea umana di tifosi che, tra canti e folclore di un’intera città, affollarono piazze e accerchiavano il pullman mandando in pieno sconforto il morale della squadra. Ma la colpa è sicuramente da individuare nella mera sostituzione di Icardi, senza dover necessariamente pensare che se le squadre fossero state – come giusto che fosse – in parità numerica quel cambio non sarebbe stato preso neanche in considerazione.

Ma noi siamo piagnoni, siamo colpevoli di un vittimismo cosmico e perenne, vogliamo lo stato di diritto  anche dove questi non sussiste.

Peccato che la nostra caccia alle streghe, quella di un diritto fazioso e della virtuale legittimità, sia da ricercare non solo nel singolo episodio, ma dal giudizio soggettivo degli arbitri che continua a non convincere. Durante la 12^giornata di campionato, all’Olimpico di Roma, Irrati fischiava un calcio di rigore in favore della Sampdoria per fallo avvenuto ai danni di Ramirez ma successivamente dall’intervento del Var presidiato da Rocchi. In base alle nuove norme quest’ultimo non avrebbe dovuto intervenire sulla valutazione soggettiva, giusta o sbagliata che fosse.

La norma suscita clamore perché nell’ultima giornata, giocata due giorni fa, al San Paolo di Napoli, Callejon veniva platealmente spinto da Obi in area di rigore, con l’arbitro Chiffi che non decreta alcun fallo e senza che il Var intervenga per rettificare la decisione presa o consigliarne la review.

Il vigente protocollo della Var crea confusione e imparzialità, e il consiglio di affidarsi maggiormente alla tecnologia, da parte del designatore Rizzoli, resta oggetto di imparzialità e discussione.

Il Napoli ha giocato al di sotto delle sue possibilità e probabilmente non ha meritato di guadagnare i tre punti, ma, spesso e volentieri, un calcio di rigore – onestamente guadagnato – può cambiare il volto di una partita.