Correva l’anno 1989, quel Napoli-Juventus che ha fatto la storia

Per chi c’era, e ne aveva coscienza, e per chi lo ha vissuto attraverso il racconto dei propri affetti più cari, Napoli-Juventus del 15 marzo 1989 resterà negli annali del risorgimento azzurro. Dal sogno infranto del secondo tricolore al trionfo europeo più inaspettato. Sì, perché era talmente forte la voglia di rivalersi per lo scudetto perso un anno prima da non riuscire a quantizzare i primi tre turni della competizione. Ci ritrovammo al sorteggio dei quarti di finale di Coppa Uefa quasi senza accorgercene. Dall’urna uscì la Juventus e il fuoco cominciò a ribollire, quasi come un segno premonitore. Quella partita rappresentò lo snodo cruciale che portò Diego Armando Maradona ad alzare la Coppa in una Stoccarda più azzurra che la storia possa ricordare.

LA PRIMA SCONFITTA NON PORTO’ SFIDUCIA

Il match di andata ci vide in trasferta al Comunale di Torino. Stadio dove ancora tuonavano le raffiche tuonanti di Careca e Carnevale, firmatari, qualche mese prima, di una gloriosa vittoria in campionato per 5-3. Fu una partita strana, contorta, segnata da un eurogol di Pasquale Bruno e un’autorete di Giancarlo Corradini. Oltre il fanno la beffa: De Napoli e Fusi ammoniti, e già diffidati, furono squalificati. Un cammino che aveva tutte le ragioni per concludersi nel peggiore dei modi. Due settimane di piena agonia che sembrarono durare un’eternità. Un arco temporale infinito per chi non riusciva a capacitarsi e a farsene una ragione per una sconfitta che ebbe del sovrannaturale. Quelli che intercorsero furono i primi 15 giorni dove al campionato non fu data importanza primaria. Un segno evidente fu rappresentato dalle due gare che precedettero la gara di ritorno. Tra Pescara e Cesena gli azzurri riuscirono a segnare un solo gol, peraltro su autorete del difensore romagnolo Roberto Chiti. L’Inter di quell’anno sembrava irraggiungibile e Maradona e compagni si proiettarono sulla gara dei sogni.

IL SAN PAOLO ERA UN CATINO, NAPOLI PORTO’ ALLA RIBALTA

Quel 15 marzo arrivò contandone ore e minuti. Nonostante il sold-out fu deciso che la partita sarebbe stata trasmessa dall’emittente nazionale ad esclusione di Napoli e provincia. La città trascorse un’intera giornata nel cambiare direzione alle antenne del proprio televisore per orientarle nelle direzioni desiderate. Caserta, Montevergine e il Monte Faito furono le mete più ambite, oggetto di un vero e proprio bombardamento di onde elettromagnetiche. Napoli dalle 20 in poi si trasformò in una distesa praticamente deserta. Un silenzio imbarazzante per le poche anime che passeggiavano per la città, ignari dell’evento, che da lì a poco, avrebbe coinvolto un intero popolo. Il fischio d’inizio fu accompagnato da fuochi pirotecnici, fumi che ne sprigionarono, e un assordante rombo dello stadio. Al San Paolo c’erano 85.000 spettatori pronti a compiere l’impresa. Laudrup spaventa, il danese bianconero segna ma il suo gol risulta in fuorigioco. Da lì in poi è solo una lunga mareggiata per la Juventus. La prima ondata vedrà protagonista l’inconsueto bomber di Torino, quel Pasquale Bruno che si riveste delle sue mansioni di falciatore atterrando Antonio Careca in area di rigore. Maradona trasforma dal dischetto e parte la rimonta. Di quelle azzurre, splendenti, ma torbide per l’avversario. I conti si pareggiano allo scadere della prima frazione, Alemao sradica un pallone nella trequarti bianconera e serve palla ad Andrea Carnevale che da fuori area fa partire un bolide che si infila alla sinistra di Tacconi. Il secondo tempo è caratterizzato dalla stanchezza e dalla paura. Si va all’extra time con Diego allo stremo delle forze, Romano prenderà il suo posto prima dello scadere del primo tempo supplementare. Ma Ottavio Bianchi non si arrende e torna all’arrembaggio, sostituendo un commovente Antonio Carannante con una punta di ruolo, il giovanissimo Maurizio Neri. Quello che successe al 119’ sarà una pagina indelebile della storia del calcio Napoli. Tutti credevano al miracolo, al punto tale da portare l’ultimo assalto in area avversaria con la maggior parte della squadra. Careca riuscì a costruire l’azione del gol, dopo un contenzioso in area di rigore della Vecchia Signora. Spalle alla porta, e palla al piede, torna sull’out di dx e, in scivolata, pennella un cross al centro che Renica, con un colpo di testa, riuscì a battere definitivamente Tacconi per il 3-0 finale. La corsa verso il centrocampo, l’abbraccio con il compianto Giuliani, il ruggito dell’arena di Fuorigrotta. Un boato indimenticabile. La Madame bianconera era al tappeto. Fu gloria, nei secoli dei secoli.