Il calcio rischia di naufragare nel conflitto d’interesse

Il conflitto d’interesse è una condizione giuridica che si verifica quando viene affidata un’alta responsabilità decisionale a un soggetto che ha interessi personali o professionali in contrasto con l’imparzialità richiesta da tale responsabilità, che può venire meno a causa degli interessi in causa. Può verificarsi in diversi contesti e ambiti: economia, diritto, politica, lavoro, sanità. Gli ordinamenti giuridici spesso disciplinano il conflitto di interessi per mezzo di leggi e norme. Giusto per portare un esempio, è la stessa condizione che fece cadere il primo governo della seconda Repubblica, quello che, in parole povere, la vecchia Lega di Bossi voleva imporre al neo Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel lontano 1994. Terminologia che abbiamo imparato a vedere sempre più spesso al centro di dibattiti politici, economici e che tutt’oggi è al centro di manovre ministeriali. Una concessione che nessuno vuol mollare e che, nelle sue mille sfaccettature, si ripresenta in ogni dove.

IL VAR E LE SUE VICISSITUDINI

Il calcio è un angolo di paradiso nel quale ognuno di noi, appassionati di questo sport, si precipita nel seguirlo appena può ritagliarsi il proprio tempo libero. Passione certo, quella condita da sani principi di cui ogni disciplina sportiva dovrebbe munirsi. Oggi il conflitto d’interessi minaccia seriamente di correlarsi alla nostra passione, rischiando di diventare una mera bolgia mediatica, fatta di oscuri e controversi sospetti. Al quale se non si pone rimedio si consumerà solo per incalliti temerari sprezzanti del pericolo. Nel 2017, in Italia, entrò in vigore la tecnologia VAR, ossia un supporto video composto da due ufficiali di gara che collaborano con l’arbitro in campo, al fine di esaminare le situazioni dubbie della partita tramite l’ausilio di filmati. La suddetta innovazione fu introdotta per porre fine alle mille polemiche che si susseguivano nel post partita, ma anche per ottenere un equa applicazione del regolamento che la sola presenza in campo di arbitri e guardialinee non riuscivano ad assolvere pienamente.

UN CALCIO MALATO

Dai pieni poteri al chiaro ed evidente errore, un declino deplorevole e senza motivazione alcuna. Oddio, pardon, la motivazione c’è, va ritrovata nella banale scusante del non far perdere autorità all’arbitro in campo. Modifiche che furono già oggetto di discussione quando l’applicazione delle regole piombarono come un macigno sui club blasonati. Uno nello specifico, la Juventus, le cui lamentele furono date risalto agli organi competenti del calcio italiano. Da allora, il paradosso per eccellenza, abbiamo assistito a discrezionalità, ambiguità e lunghe pause di riflessioni concesse alla suddetta tecnologia in oggetto. Insomma, quella che avrebbe dovuto rappresentare la corretta misura e applicazione del regolamento si è rivelata l’ennesimo scempio perquesto sport. Oggi, grazie a dubbie spiegazioni e interpretazioni del tutto approssimative, non è ancora chiaro come e quando far intervenire la VAR, colei che avrebbe dovuto salvare il calcio.

LA CORRETTA APPLICAZIONE

Questo ovviamente in Italia, perché nel resto d’Europa non regna tutta questa confusione. In Europa non si vive su termini di probabilità, bensi di acclamata regolarità del funzionamento VAR. In Europa il VAR avrebbe colloquiato con l’arbitro in campo per impedire un’ammonizione (la seconda) che è valsa l’inferiorità numerica per il Genoa.

In Europa il Var avrebbe sanzionato un fallo da ultimo uomo (Rugani ai danni di Agudelo)

In Europa il VAR sarebbe intervenuto qualora un difensore si fosse disinteressato dell’avvento del pallone per cinturare il suo diretto marcatore in area di rigore. Nonostante l’occhio vigile e scaltro del giudice di gara (ndr)

Ma soprattutto, il VAR in Europa non avrebbe mai lasciato accadere l’ignobile accaduto, perché sarebbe intervenuto venti minuti prima per sanzionare il colpo marziale di taekwondo (ndr)

Quello che più di un sospetto avrebbe dovuto destare

perchè delimitarne i confini avrebbe risolto molteplici perplessità.

LE CONSIDERAZIONI

In redazione sono sopraggiunti molteplici messaggi inerenti alle citate vicende, dai più giovani a persone di mezza età, che ci chiedono perché si è arrivati a questo punto.

“Qual è la soluzione per uscirne nel migliore dei modi?” “Perché c’è la tendenza ad occultare tutto e subito?” “Non voglio odiare il calcio, come devo fare?”

Beh, noi la soluzione non ce l’abbiamo, ma l’esperienza personale mi porta a suggerire di non prendersi in giro da soli. Il piacere di vedere calcio è intrinseco in ognuno di noi, decidere di farne a meno è come fare un torto a sé stessi. Non dovete avere paura di parlare delle ingiustizie subite, anzi, dovete farle diventare un tormentone e non richiudere tutto nel baule non appena le acque si saranno calmate. Certo, vi diranno che siete affetti dal solito vittimismo e che nulla è lasciato al caso, ma voi dovrete fregarvene, e di risposta alzare ancor di più la vostra voce e far sentire le vostre ragioni. Esigete rispetto, soprattutto da voi stessi, nei valori in cui credete, quelli che si basano su di un calcio basato su regole che valgono per tutti. E, soprattutto, cercare di raccogliere i cocci migliori del frantumo per continuare a combattere i soprusi e le iniquità. Anche questa settimana è prevalso il marcio ma noi continueremo a parlare di calcio. Al bar, in piazza, con gli amici. Quello sano. Quello pulito. Non rintanatevi, non dategliela vinta.