macron

“ Allez France Republique, Allez Emmanuel…! “

di Biagio Fusco – Il distanziamento di vedute, originatosi tra il ceto medio, culturalmente ed economicamente inteso, ovvero tra le istanze di quest’ultimo e la capacità rappresentativa della sinistra francese, quasi che tale fenomeno fosse diventata una consuetudine ormai a livello europeo, il che dimostra, talora ed in generale, lo scollamento tra il Paese reale e la Politica, con ogni probabilità, e secondo il parere autorevole di politologi ed intellettuali d’oltralpe, ha consentito a Marine Le Pen di approdare al turno di ballottaggio, riservando così ai “ nazional – sovranisti “ la legittima speranza di giocarsi un’altra chance di raggiungere l’Eliseo.

Ebbene, con una percentuale ferma al primo turno al 27,6 contro il 23,4 della LePen, che pur avendo portato avanti una campagna elettorale  – per così dire – premiante e qualificante nei suoi contenuti sostanziali, riuscendo in modo più o meno ampio, nella sua prospettiva, a riannodare le fila della politica francese un po’ disgregata dalle ultime vicende che hanno interessato il panorama internazionale soprattutto, ma anche quello interno, non è stata in grado di convincere quella parte determinante dell’elettorato moderato dilatando il divario rispetto a  cinque anni fa, E. Macron ipoteca seriamente il suo secondo mandato da Presidente francese.

Ma quali sono le ragioni di questo vantaggio alquanto rassicurante, benchè numericamente calato rispetto all’incremento registrato agli inizi dell’invasione russa in Ucraina ? La stampa transalpina ritiene che il fondamento di questa primo round vinto dalla sinistra sia da ricercarsi nel fallimento in primis della candidatura di Valérie Pécresse per i Republicains e poi nella diffidenza mostrata dal popolo francese verso i valori della estrema destra di Le Pen e Éric Zemmour. D’altro canto, ha pesato su Macron l’allarmante aumento dei prezzi del carburante e la caduta del generale potere d’acquisto delle merci, corrispondente all’innalzamento del tasso inflazionistico provocato dallo scoppio della guerra in Europa.

Molti analisti a livello internazionale rimproverano all’attuale Presidente di aver disertato l’impegno verso l’apertura di un tavolo di confronto allargato alle problematiche interne, preferendo concentrarsi maggiormente su iniziative, sia pur lodevoli e proficue dal punto di vista dei consensi elettorali, le quali puntavano nella direzione politica di garantire la pacificazione della eurozona attraverso un dialogo diretto con Putin; forse nel tentativo calcolato di distogliere l’attenzione dallo scandalo McKinsey (società che ha fornito consulenze al suo governo, accusata poi di evasione fiscale). Poche le novità offerte sul piano tematico dalla femme d’état (Marine LePen) che dalla immigrazione alle aliquote tva (iva italiana), in maniera scarsamente intuitiva nulla di più ha saputo dire di quanto aveva fatto in precedenza, nel 2017, segno inequivocabile di una non matura interpretazione politica dei tempi. Ma, a sinistra non si può trascurare la sorpresa chiamata Jean – Luc Melénchon, piazzatosi al terzo posto con una percentuale vicina al 22, con cui rischiava di soffiare il ballottaggio al banchiere di Amiens, dopo aver fondato un partito proprio, “ la France Insumise ” grazie alle sue indiscusse doti di leader politico forte ed aver avuto l’impavido ardire di scindersi dall’ala socialista della sinistra di governo, con ciò spiegandone le motivazioni sicuramente ancorate alle sue pretensiose velleità di esserne il capo esclusivista. Se ha saputo ben impiegare gli spazi mediatici avvalendosi di una più che efficace comunicazione, la proposta di una nuova costituzione francese per una sesta repubblica ha frenato la sua corsa.

Ha persino saputo catalizzare su di sé l’attenzione di un network come Greenpeace che ha indicato in lui ed in Yannick Jadot i referenti dei due programmi più ambiziosi in materia di transizione ecologica. Meléchon ha giovato, senza dubbio e senza troppi sforzi e dispendio di risorse, di quelle preferenze di voto ribattezzato dalla stampa vicina alla politica come “ utile “, in altre parole di quei consensi raccolti dall’elettorato orientato secondo il criterio impiegato da chi pragmaticamente valuta che è meglio sostenere il candidato che ha le uniche chance di contendere al “ favorito “ l’accesso al secondo turno.

La sinistra francese paga a caro prezzo lo scarso acume strategico, che ha radici risalenti agli anni 80; il mercato globalizzato e la industrializzazione hanno lasciato la sinistra storica, operaia e socialista, priva di punti di riferimento. Lo Stato impresa non li rappresenta più. Grazie al suo dichiarato “ ethos  di destra “ Macron è stato abile nell’occupare lo spazio politico della destra, già a partire dal 2017 quando vinse con il suo partito “ En Marche “, e poi successivamente insieme ad una serie di scelte in settori chiave come l’economia del lavoro e lo stato sociale che hanno convinto quell’elettorato o a votare per lui oppure ad astenersi, portando così il “ non voto alla soglia del 27 %, piuttosto elevata per una democrazia compiuta come quella francese. 

Allons enfans de la patrie…!

baldoria pasqua