La pace si costruisce anche sbloccando il granaio del mondo

di Biagio Fusco – La crisi internazionale prodotta dal conflitto armato in Ucraina ha visto alterare il normale andamento delle relazioni diplomatiche tra i Capi di Stato più coinvolti, fino a destare anche un allarme che riguarda la sicurezza alimentare e che coinvolge le sorti del mondo intero. Se con davvero convinta determinazione si vuole ricostruire un contesto di Pace in Europa, scongiurando che le tensioni possano aumentare sotto la pressione delle incertezze determinatesi in conseguenza dell’applicazione delle misure restrittive di embargo economico nei confronti della Russia, avendo scatenato una serie di effetti pregiudizievoli sui mercati mondiali come se fosse stata un’onda anomala non controllabile, allora non può sfuggire ai Potenti il rischio che scarseggi il “ grano “. Perché l’Ucraina è considerata uno dei più importanti “ granai del mondo “, disponendo di ampie distese di territorio storicamente occupate da questa imprescindibile coltura, tanto da raggiungere elevatissime quote percentuali di esportazione in tutto il globo. Si tratta di una problematica estremamente seria, tanto quanto la necessità di garantire l’approvigionamento di altre irrinunciabili risorse naturali come gas, petrolio ed idrocarburi, di cui la Terra degli Zar è molto ricca. Tra terreni rimasti incolti per via della difficoltà di trovare manodopera locale, attualmente impegnata con i combattimenti o nell’arruolamento militare, il terrore legato ai brutali saccheggi perpetrati dall’esercito russo in trasferta, l’impossibilità di assicurare un trasporto merci sicuro e costante che ha bloccato incalcolabili quantità di grano già raccolto e stoccato nei silos delle aziende, pronto per le spedizioni, le devastazioni sacrileghe di interi comparti aziendali che costituivano il tessuto connettivo dell’economia ucraina, oggi la Terra si trova a fare i conti con un potenziale, enorme “ problema alimentare “, tipico delle stagioni di guerra. Occorre un piano Marshall che ci salvi dalla fame. Il fronte della politica interna italiana è – come al solito – diviso sul tema. C’è chi – Salvini in testa – con decisione si oppone alla scelta del Governo, in linea con le strategie messe in campo dalla NATO, di inviare ulteriore armi all’esercito ucraino visto che tale comportamento potrebbe compromettere le aspettative di arrivare finalmente alla sottoscrizione di un accordo di pace con Putin. Quasi sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda il nostro Presidente del Consiglio che in visita ufficiale nella capitale statunitense, prima che la stampa accreditata fosse accompagnata fuori dal famoso “ studio ovale ” per consentire un colloquio privato, ha ribadito a Biden che “ nonostante Putin abbia provato a dividerci ma senza successo, non ci è riuscito “, anzi contribuendo a rinsaldare un legame indissolubile tra Roma e Washington. Ma, la priorità nell’agenda internazionale non è l’unità transatlantica, che intrecciando dinamicamente in un unico progetto unitario destini ed interessi di UE, NATO e USA, ha dimostrato la sua forza per quanto stressata dalle fibrillazioni di un conflitto che poco sembra (ed è sembrato sin dal suo scoppio) un “ affare privato ” tra due popoli che alle spalle hanno la stessa genesi storica. E’ giunta l’ora di far prevalere le esigenze delle popolazioni dell’Europa innanzitutto, quelle che puntano nella direzione ferma di un negoziato che riporti la Pace in un’area geografica del mondo che non conosceva guerre da oltre settant’anni e che ponga fine ai massacri, agli eccidi ed alle devastazioni tra i civili. Macron, dalla sponda transalpina, ammonisce tutti coloro che, utilizzando in modo strumentale l’obbligo di respingere gli invasori russi oltre il confine violato, sottendono ad un desiderio di vedere Putin dissacrato della sua stessa arroganza politica. Gli fa eco in Italia Draghi il quale incoraggia ad “ utilizzare ogni canale per la pace, per il cessate il fuoco e per l’avvio di negoziati credibili ” e rivolgendosi al Presidente americano lo invita a riflettere sulla possibilità di contattare personalmente il Cremlino per chiedere “ alla Russia di sbloccare il grano nei porti ucraini ”. La chiave di una possibile ed augurata svolta diplomatica sarà, in termini di visione e consapevolezza delle ragioni politiche internazionali, interamente nella capacità degli Stati di mediare tra le opposte pretese e racchiuderle tutte in una sintesi che disegni una road map orientata verso la Pace. Ed è qui che si vedrà nel suo peso reale la rappresentatività dei governi europei, transatlantici e non solo. La visita di Draghi a casa del Grande Amico dell’Europa ha suggellato una unità mai vacillata che guarda con attenzione all’evolversi anche di altre criticità come ai rischi di una recessione economica mondiale, alla soluzione efficace e tempestiva per la crisi delle materie prime alimentari, al bisogno dell’Italia di inserirsi in modo strutturale in un circuito organico di intensificate forniture di gas liquido americano.