Napoli e la sua cultura: un antico legame tra numeri e superstizione

La superstizione, data dal pensiero secondo il quale oggetti e comportamenti possono influire su eventi futuri o situazioni che avvengono in quel momento, è una caratteristica propria di moltissime persone. Tra gli esempi più comuni c’è il fatto di non proseguire sulla strada che un attimo prima è stata attraversata da un gatto nero, di non appoggiare il cappello sul letto, di non passare sotto una scala, di non aprire l’ombrello dentro casa e molto altro ancora. La superstizione non è vista positivamente dalla Chiesa, convinta del fatto che sia una pura invenzione, quasi frutto di paranoie inutili di determinati individui. Anche per gli scienziati si tratta di un qualcosa che non ha alcun fondo di verità. Tuttavia, la superstizione non solo è caratteristica di alcune persone, ma lo è anche di intere popolazioni, tra cui, ad esempio, quella partenopea.

Il legame tra Napoli e la superstizione

Il popolo partenopeo ha un fortissimo legame con la superstizione, ne fa un modo di essere, un vero e proprio tratto distintivo della propria identità. Tra miti, fantasmi e superstizioni, sono diverse le leggende che riguardano Napoli. Un tempo, infatti, le superstizioni erano considerate come una sorta di antidoto contro le sfortune, le invidie e le cattive premonizioni lanciate da altre persone, definite comunemente “iettatori”. In questo senso, è noto a tutti il malocchio, ossia la capacità di una persona di arrecare intenzionalmente e consapevolmente un danno all’individuo interessato. Il malocchio può agire anche dal punto di vista fisico, i segni più comuni, secondo la leggenda, sono un forte mal di testa, nausea, vomito, depressione e cattivo umore. La cura al malocchio viene fornita da donne anziane, che garantiscono al diretto interessato di avere il potere di eliminare gli effetti del malocchio. Tutto questo avviene tramite il rito dell’olio, che viene eseguito mediante la pronuncia di determinate parole. Il suddetto rito, ancora oggi, essendo stato tramandato dalle vecchie alle nuove generazioni, viene praticato da molti.

Altre superstizioni

Tra le altre superstizioni più temute rientra senza ombra di dubbio “l’uoglio ca s’abbocc”. L’olio, a partire dai tempi più antichi, è sempre stato considerato un alimento prezioso, proprio perché frutto di lavoro e fatica. Per questa ragione sprecarlo è quasi un sacrilegio, motivo per il quale rovesciarne erroneamente anche solo una goccia di troppo significa disgrazia per tutti i presenti. Nel caso in cui dovesse accadere, il metodo per eliminare gli effetti negativi di quest’azione è gettarsi del sale alle spalle, disegnando con quest’ultimo una croce sull’olio versato. A Napoli, intorno al XVIII secolo, nascono i primi amuleti, che fungono come da contro profezia: il ferro di cavallo, la corona d’aglio, il corno e il gobbo. L’elemento maggiormente rappresentativo della città è il corno, che viene esposto e conservato come se fosse un preziosissimo trofeo. Per poter essere efficace, secondo le varie dicerie, il corno dev’essere duro, vuoto, artigianale, ricurvo e a punta. Corno che viene utilizzato come portafortuna anche nel mondo del gioco, in particolar modo nella smorfia e quindi nel gioco del lotto, che recentemente, per quanto concerne le vincite, ha premiato la Campania. Ma in generale è protagonista in ogni forma di gioco ancora oggi, nelle agenzie fisiche o online, dal lotto alle scommesse. Gioco che conserva nel capoluogo campano sempre un ampio interesse da parte del pubblico. Non è un caso che alcune società del settore , come ad esempio l’azienda vincitu s.r.l, abbiano scelto proprio la città partenopea per affondare le proprie radici nel mercato italiano. Per consentire agli utenti di provare la propria offerta, la società summenzionata ha messo a disposizione sulla sua piattaforma di gioco online una serie di Wincasino bonus, che si differenziano a seconda del settore di utilizzo nell’ambito del portale. Tornando alla smorfia, secondo le testimonianze e le fonti più affidabili, essa risale al 1734, in seguito ad un noto litigio tra Carlo III di Borbone, re di Napoli, e il frate domenicano Gregorio Maria Rocco. Il litigio nasce dal fatto che il re voleva che il gioco diventasse legale in tutto e per tutto per incassare una somma di denaro più ingente, mentre il frate pensava che la legalizzazione del gioco potesse allontanare i fedeli dalla preghiera e, quindi, dalla fede. Ad avere la meglio fu il re, che trovò un accordo con il frate per il quale il gioco sarebbe stato sospeso solamente durante le festività natalizie. A quel punto, i novanta numeri del lotto vennero inseriti dentro i cosiddetti “panarielli”, diventando oggetti fondamentali, insieme alle cartelle con i numeri, per la tombola.