Si infiammano le proteste contro Macron

Martedì 7 marzo è stato il giorno di proteste più sentito da questo gennaio, in seguito alla proposta di riforma del sistema previdenziale francese. Il nodo pone il presidente Macron in una posizione molto scomoda ed impopolare.


di Gianluca Gautieri – Treni fermi, porti chiusi, scuole vuote, voli cancellati, raffinerie chiuse. È un martedì di fuoco per la Francia travolta dalle proteste contro la riforma delle pensioni del Presidente Emmanuel Macron. Così come promesso in campagna elettorale, il leader riformista ha posto in essere l’iter legislativo per la riforma previdenziale, che alza l’età minima pensionabile da 62 a 64 anni ed aumenta l’assegno minimo a 1200 euro, oltre che a semplificare l’attuale sistema con 42 “regimi speciali”.


La reazione della società civile è stata da subito molto sentita. Siamo al sesto giorno di proteste da questo gennaio, il più corposo. 320 i cortei in tutto il paese, tre quarti dei treni sono fermi nei depositi e nelle stazioni, 1 volo su 3 cancellato ed il 30% degli insegnanti coinvolti nello sciopero. Le rivolte hanno poi beneficiato dell’endorsement della coalizione di sinistra Nupes, guidata dal leader socialista Jean-Luc Mélenchon, oltre che dalle organizzazioni sindacali.


Il punto di partenza del governo era un sistema pensionistico molto costoso, che avrebbe portato la Francia a subire un deficit di 20 miliardi entro il 2030. La riforma diventa dunque necessaria per il conseguimento delle linee guida UE sui conti pubblici, ma le critiche dell’opposizione riguardano non tanto la necessità riformatrice in sé, quanto le modalità scelte da Macron. “Ci sono altri modi per finanziare il sistema pensionistico, come tassare gli ultra-ricchi, ripristinare l’imposta sul patrimonio che il governo ha abolito e dare contratti adeguati ai lavoratori delle consegne che attualmente non hanno protezioni sociali e non contribuiscono al sistema. Potremmo anche aumentare i salari e quindi aumentare i versamenti pensionistici”, ha dichiarato una manifestante ai microfoni di France 24.


Il provvedimento è fondamentale per il Presidente della Repubblica francese, eletto all’Eliseo lo scorso aprile proponendo proprio questo tipo di politica riformista. L’iter legislativo è però all’impasse per via dell’ostilità della sinistra e di tre quarti dell’opinione pubblica; i deputati macronisti sperano nel voto dei Républicains (il partito della destra gollista) per fare passare la riforma il 15 marzo in Parlamento, il che farebbe definitivamente slittare a destra lo schieramento di Macron agli occhi degli elettori. Nel caso in cui dovesse mancare anche l’appoggio dei Républicains, il governo dovrebbe ricorrere all’articolo 49-3, che in sostanza fa passare una legge anche senza l’approvazione della maggioranza dei deputati. L’opposizione ha già annunciato che opporrebbe una mozione di censura. Su questo probabile scenario, Macron ha già dichiarato che scioglierebbe l’Assemblea Nazionale convocando nuove elezioni legislative.